LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Continuando la catechesi sugli Atti (soffermandosi in particolare sul ministero di Paolo ad Efeso), all’udienza generale di mercoledì 4 dicembre, il Papa ha sottolineato che “Dio si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito”. Diversi sono i prodigi “che avvengono per mezzo dell’Apostolo” e questo accade perché “il discepolo somiglia al suo Maestro”. Così viene smascherato “chi vuole usare il nome di Gesù per compiere esorcismi ma senza avere l’autorità spirituale per farlo, e rivela la debolezza delle arti magiche, che vengono abbandonate da un gran numero di persone che scelgono Cristo. Un vero capovolgimento per una città, come Efeso, che era un centro famoso per la pratica della magia! Luca sottolinea così l’incompatibilità tra la fede in Cristo e la magia. Se scegli Cristo non puoi ricorrere al mago: la fede è abbandono fiducioso nelle mani di un Dio affidabile che si fa conoscere non attraverso pratiche occulte ma per rivelazione e con amore gratuito”. Anche oggi ci sono cristiani praticanti che si recano dai maghi, ma “la magia non è cristiana”, come non sono cristiane tante cose che si fanno per indovinare il futuro o per cambiare una situazione di vita. Ha quindi ricorda il discorso di addio di Paolo, “una sorta di testamento spirituale che l’Apostolo rivolge a coloro che, dopo la sua partenza, dovranno guidare la comunità di Efeso”. È una pagina tra le più belle degli atti dove “Paolo incoraggia i responsabili della comunità, che sa di vedere per l’ultima volta”, invitandoli a vegliare su sé stessi e su tutto il gregge. “Questo è il lavoro del pastore: fare la veglia, vegliare su sé stesso e sul gregge. Il pastore deve vegliare, il parroco deve vegliare, fare la veglia, i presbiteri devono vegliare, i Vescovi, il Papa devono vegliare. Fare la veglia per custodire il gregge, e anche fare la veglia su sé stessi, esaminare la coscienza e vedere come si compie questo dovere di vegliare.” Di qui l’invito a chiedere “al Signore di rinnovare in noi l’amore per la Chiesa e per il deposito della fede che essa custodisce, e di renderci tutti corresponsabili nella custodia del gregge, sostenendo nella preghiera i pastori perché manifestino la fermezza e la tenerezza del Divino Pastore.”
Domenica 8 dicembre (II di Avvento e solennità dell’Immacolata), all’Angelus, il Papa ha parlato di Maria, la creatura concepita senza peccato e piena di grazia, evidenziandone tutta la bellezza, indicandola quale modello per le comunità e la vita personale dei credenti. Così “la sua immacolata concezione ci porta a quel preciso momento in cui la vita di Maria cominciò a palpitare nel grembo di sua madre: già lì era presente l’amore santificante di Dio, preservandola dal contagio del male che è comune eredità della famiglia umana.” Maria è voluta da Dio come libera dal peccato sin dall’inizio e “piena di grazia”, ricolma dell’amore di Dio, perché “Dio l’ha pensata e voluta da sempre, nel suo imperscrutabile disegno, come una creatura piena di grazia, cioè ricolma del suo amore. Ma per essere colmati occorre fare spazio, svuotarsi, farsi da parte. Proprio come ha fatto Maria, che ha saputo mettersi in ascolto della Parola di Dio e fidarsi totalmente della sua volontà, accogliendola senza riserve nella propria vita. Tanto che in lei la Parola si è fatta carne.” Con il suo “si'” all’Angelo Maria rende possibile l’incarnazione in un’adesione totale al progetto di Dio: “non si perde in tanti ragionamenti, non frappone ostacoli”, ma “si affida e lascia spazio all’azione dello Spirito Santo”, facendo della sua vita un “capolavoro” pur nell’umiltà e nella piccolezza. Ella “mette subito a disposizione di Dio tutto il suo essere e la sua storia personale, perché siano la Parola e la volontà di Dio a plasmarli e portarli a compimento. Così, corrispondendo perfettamente al progetto di Dio su di lei, Maria diventa la ‘tutta bella’, la ‘tutta santa’, ma senza la minima ombra di autocompiacimento. E’ umile. Lei è un capolavoro, ma rimanendo umile, piccola, povera. In lei si rispecchia la bellezza di Dio che è tutta amore, grazia, dono di sé.” Così si consegna a Dio in un atteggiamento di servizio con cui Maria, pronta a fare la Sua volontà, a lasciare che la sua vita sia plasmata dal Padre, svuotata di sé, attenta da subito alle “necessità altrui”, come testimonierà partendo, subito dopo l’Annunciazione, per andare a visitare la cugina Elisabetta. “La disponibilità verso Dio si riscontra nella disponibilità a farsi carico dei bisogni del prossimo. Tutto questo senza clamori e ostentazioni, senza cercare posti d’onore, senza pubblicità, perché la carità e le opere di misericordia non hanno bisogno di essere esibite come un trofeo. Le opere di misericordia si fanno in silenzio, di nascosto, senza vantarsi di farle. Anche nelle nostre comunità, siamo chiamati a seguire l’esempio di Maria, praticando lo stile della discrezione e del nascondimento.” Ci aiuti la Madonna “a fare di tutta la nostra vita un ‘sì’ a Dio, un ‘sì’ fatto di adorazione a Lui e di gesti quotidiani di amore e di servizio”.
Gian Paolo Cassano

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