La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

La catechesi di mercoledì 8 maggio (continuando a riflettere sul Credo) è stata tutta centrata sullo Spirito Santo che ci dice che Dio ci ama, ci vuole bene. “E noi amiamo veramente Dio e gli altri, come Gesù? (…) Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo. Lasciamo che Lui ci parli al cuore e ci dica questo: che Dio è amore, che sempre Lui ci aspetta, che Lui è il Padre e ci ama come vero papà; ci ama veramente. E questo soltanto lo dice lo Spirito Santo al cuore. Sentiamo lo Spirito Santo, ascoltiamo lo Spirito Santo e andiamo avanti per questa strada dell’amore, della misericordia, del perdono”. Lo Spirito “è Signore e dà la vita”, che “l’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi” ha sempre voluto giusta, buona e non minacciata dalla morte. Infatti “l’uomo è come un viandante che, attraversando i deserti della vita, ha sete di un’acqua viva, zampillante e fresca, capace di dissetare in profondità il suo desiderio profondo di luce, di amore, di bellezza, di pace. Tutti sentiamo questo desiderio! E Gesù ci dona quest’acqua viva: essa è lo Spirito Santo, che procede dal Padre e che Gesù riversa nei nostri cuori”.
Lo Spirito è dunque l’elemento vitale per la fede del cristiano, come l’acqua per il suo organismo, perché “la nostra vita sia guidata da Dio, sia animata da Dio, sia nutrita da Dio”. E’ questo “il dono prezioso che lo Spirito Santo porta nei nostri cuori: la vita stessa di Dio, vita di veri figli, un rapporto di confidenza, di libertà e di fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio, che ha come effetto anche uno sguardo nuovo verso gli altri, vicini e lontani, visti sempre come fratelli e sorelle in Gesù da rispettare e da amare”.
Domenica 12 maggio, nella solennità dell’Ascensione il Papa ha proclamato santi gli 800 martiri di Otranto e due suore latinoamericane, come “luminosi esempi di fedeltà a Cristo” che ci esortano ad “annunciarlo con la parola e con la vita, testimoniando l’amore di Dio con il nostro amore, con la nostra carità verso tutti”.
Quella dei martiri di Otranto è una pagina di “suprema testimonianza del Vangelo” vissuta nel 1480 da 813 persone, sopravvissute all’assedio e all’invasione di Otranto da parte degli Ottomani e poi “decapitate perché si rifiutarono di rinnegare la propria fede”. E’ nella fede che essi trovarono la forza per rimanere fedeli, quella “fede, che fa vedere oltre i limiti del nostro sguardo umano, oltre il confine della vita terrena, fa contemplare «i cieli aperti» – come dice santo Stefano – e il Cristo vivo alla destra del Padre. Cari amici, conserviamo la fede che abbiamo ricevuto e che è il nostro vero tesoro, rinnoviamo la nostra fedeltà al Signore, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni; Dio non ci farà mai mancare forza e serenità. Mentre veneriamo i Martiri di Otranto, chiediamo a Dio di sostenere tanti cristiani che, proprio in questi tempi e in tante parti del mondo, adesso, ancora soffrono violenze, e dia loro il coraggio della fedeltà e di rispondere al male col bene”.
Ribadendo “la bellezza di portare Cristo e il suo Vangelo a tutti”, il Pontefice ha poi ricordato l’opera di evangelizzazione in Colombia – nella prima metà del Novecento – di Santa Laura Montoya, “prima come insegnante e poi come madre spirituale degli indigeni (…) Questa prima Santa nata nella bella terra colombiana ci insegna ad essere generosi con Dio, a non vivere la fede da soli – come se fosse possibile vivere la fede in modo isolato -, ma a comunicarla, a portare la gioia del Vangelo con la parola e la testimonianza di vita in ogni ambiente in cui ci troviamo. Ci insegna a vedere il volto di Gesù riflesso nell’altro, a vincere indifferenza e individualismo (…), ad accogliere tutti senza pregiudizi, senza discriminazioni, senza reticenza, con autentico amore.”
Ha poi parlato di Santa María Guadalupe García Zavala, nata in Messico nel 1878, rinunciando ad una vita comoda, ricordando come l’agiatezza, “l’imborghesimento del cuore ci paralizza.” Suor Maria ha seguito “la chiamata di Gesù” e servire gli ammalati e gli abbandonati; di qui l’esortazione ad essere testimoni della carità, virtù senza la quale anche “il martirio e la missione perdono il loro sapore cristiano”.
Tutto questo “significa toccare la carne di Cristo. I poveri, gli abbandonati, i malati, gli emarginati sono la carne di Cristo”. Ella “toccava la carne de Cristo e ci insegnava a non vergognarci, a non avere paura a non provare ripugnanza nel toccare la carne di Cristo (….) ma uscire e andare incontro a chi ha bisogno di attenzione, di comprensione, di aiuto, per portagli la calorosa vicinanza dell’amore di Dio, attraverso gesti di delicatezza e di affetto sincero e di amore”.
I Santi proclamati oggi suscitano anche domande alla nostra vita cristiana: “come io sono fedele a Cristo? Portiamo con noi questa domanda, per pensarla durante la giornata: come io sono fedele a Cristo? Sono capace di ‘far vedere’ la mia fede con rispetto, ma anche con coraggio? Sono attento agli altri, mi accorgo di chi è nel bisogno, vedo in tutti fratelli e sorelle da amare?”
Al Regina Coeli ha ricordato che sabato 11 maggio è stato proclamato beato il sacerdote Luigi Novarese, fondatore del Centro volontari della Sofferenza e dei Silenziosi Operai della Croce: un “prete esemplare, che ha saputo rinnovare la pastorale dei malati rendendoli soggetti attivi nella Chiesa”.
Ha poi invitato “a mantenere viva l’attenzione di tutti sul tema così importante del rispetto per la vita umana sin dal momento del suo concepimento”, ricordando l’iniziativa europea‘ Uno di noi’, per “garantire protezione giuridica all’embrione, tutelando ogni essere umano sin dal primo istante della sua esistenza.”
Gian Paolo Cassano

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