La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Durante il periodo estivo (salvo eccezioni) restano sospese le udienze generali del Papa. Incontrando i seminaristi, i novizi e le novizie, i giovani in cammino vocazionale, riuniti nell’Aula Paolo VI (sabato 6 luglio) Papa Francesco ha offerto ai giovani presenti i doni del sì, del per sempre, mettendoli in guardia dal pericolo costante della cultura del provvisorio: “in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio”.
La chiamata è prima di tutto una gioia che nasce non dal possedere l’ultimo smartphone o automobile, ma dal “sentirsi amati da Dio”. E “questo è il segreto della nostra gioia (…) Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra, ma la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore”.
E’ una gioia che è contagiosa perché “non può esserci santità nella tristezza” sentendo la castità come “una strada che matura nella paternità e nella maternità pastorale”. Infatti “non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…” Poi due suggerimenti: uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera ed uscire per incontrare gli altri; “io vorrei una Chiesa missionaria, non tanto tranquilla, quella bella Chiesa che va avanti”.
Domenica 7 luglio, celebrando la S. Messa in san Pietro lascia un messaggio forte: “più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore”.
Il Papa ha tratta dalla Parola di Dio tre elementi di riferimento per la missione: il primo è la gioia della consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti, che ogni cristiano è chiamato a portare: “non abbiate paura della consolazione del Signore”.
Il secondo è la croce di Cristo, sull’esempio di San Paolo; questo è il mistero pasquale di Gesù: mistero di morte e di risurrezione. “Se rimaniamo dentro questo mistero noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore”.
Poi il terzo elemento: la preghiera., perché la missione “non è nostra, è di Dio. il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. La missione è grazia. E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione, infatti, non è feconda, anzi si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, con il Signore”.
Di qui l’invito ad essere sempre uomini e donne di preghiera: “coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Qui sta il segreto della fecondità di un discepolo del Signore!”
All’Angelus Francesco ha ricordato che “Gesù non è un missionario isolato” ma vuole coinvolgere “i suoi discepoli” non per socializzare, ma per “annunciare il Regno di Dio”. E’ questa l’urgenza: “a tutti si porta la pace di Cristo, e se non la accolgono, si va avanti uguale”, ricordando che “Lui è l’unico protagonista! E la nostra gioia è solo questa: essere suoi discepoli, suoi amici. Ci aiuti la Madonna ed essere buoni operai del Vangelo”.
Gian Paolo Cassano

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