LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

All’Angelus domenica 2 agosto, Francesco ha esortato a seguire la logica di Dio, che porta a “farsi carico dell’altro”. Richiamando il brano evangelico, dedicato al “prodigio della moltiplicazione dei pani”, ha invitato alla “fraternità”, accostandosi alla “mensa eucaristica” senza dimenticare i fratelli in difficoltà e usando proprio la “compassione” e la “tenerezza” di Gesù.
Il Signore inviata i suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare». In tal modo, vuole cambiare il loro atteggiamento. “Gesù, attraverso questa situazione, vuole educare i suoi amici di ieri e di oggi alla logica di Dio” che è quella “del farsi carico dell’altro. La logica di non lavarsene le mani, la logica di non guardare da un’altra parte. La logica di farsi carico dell’altro. Il ‘che si arrangino’ non entra nel vocabolario cristiano.” Gesù benedice i cinque pani e i due pesci “tra le sue mani”, li fa distribuire alla folla, ma quei pani e quei pesci “non finiscono, bastano e avanzano per migliaia di persone”. Così “Gesù manifesta la sua potenza, non però in modo spettacolare, ma come segno della carità, della generosità di Dio Padre verso i suoi figli stanchi e bisognosi. Egli è immerso nella vita del suo popolo, ne comprende le stanchezze, ne comprende i limiti, ma non lascia che nessuno si perda o venga meno: nutre con la sua Parola e dona cibo abbondante per il sostentamento.”
Nel racconto evangelico si “percepisce” il riferimento all’Eucaristia, “soprattutto là dove descrive la benedizione, la frazione del pane, la consegna ai discepoli, la distribuzione alla gente”. C’è un legame stretto “tra il pane eucaristico, nutrimento per la vita eterna, e il pane quotidiano, necessario per la vita terrena. Prima di offrire sé stesso al Padre come Pane di salvezza, Gesù si cura del cibo per coloro che lo seguono e che, pur di stare con Lui, hanno dimenticato di fare provviste. A volte si contrappone spirito e materia, ma in realtà lo spiritualismo, come il materialismo, è estraneo alla Bibbia. Non è un linguaggio della Bibbia.” Occorre prendere esempio da Gesù, perché “la compassione, la tenerezza che Gesù ha mostrato nei confronti delle folle non è sentimentalismo, ma la manifestazione concreta dell’amore che si fa carico delle necessità delle persone. E noi siamo chiamati ad accostarci alla mensa eucaristica con questi stessi atteggiamenti di Gesù: [anzitutto] compassione dei bisogni altrui.” Essa “non è un sentimento puramente materiale; la vera compassione è patire con, prendere su di noi i dolori altrui. Forse ci farà bene oggi domandarci: io ho compassione? Quando leggo le notizie delle guerre, della fame, delle pandemie, tante cose, ho compassione di quella gente? Io ho compassione della gente che è vicina a me? Sono capace di patire con loro ? (…) Non dimenticare questa parola “compassione”, che è fiducia nell’amore provvidente del Padre e significa coraggiosa condivisione.”

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