LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Continuando a riflettere sul quindi comandamento mercoledì 17 ottobre, all’Udienza generale Francesco si è soffermato sul Vangelo di Matteo in cui Gesù rivela un senso “più profondo” del comandamento “non uccidere” come “l’appello più importante ed essenziale”, cioè “la chiamata all’amore”. Così l’ira contro un fratello è equiparata da Gesù ad una “forma di omicidio”, come anche l’insulto e il disprezzo. “E questa è una forma per uccidere la dignità di una persona. E bello sarebbe che questo insegnamento di Gesù entrasse nella mente e nel cuore, e ognuno di noi dicesse: ‘Non insulterò mai nessuno’. Sarebbe un bel proposito, perché Gesù ci dice: “Guarda, se tu disprezzi, se tu insulti, se tu odi, questo è omicidio”. Ora, “nessun codice umano equipara atti così differenti assegnando loro lo stesso grado di giudizio”; ma di fronte ad un’offesa, Gesù esorta ad andare a cercare il fratello e a “riconciliarsi con lui”. E’ ciò che dovremmo avere andando a Messa, un “atteggiamento di riconciliazione con le persone con le quali abbiamo avuto dei problemi. Anche se abbiamo pensato male di loro, li abbiamo insultati. Ma tante volte, mentre aspettiamo che venga il sacerdote a dire la Messa, si chiacchiera un po’ e si parla male degli altri. Ma questo non si può fare. Pensiamo alla gravità dell’insulto, del disprezza, dell’odio: Gesù li mette sulla linea dell’uccisione.” Gesù ci invita a considerare la nobiltà della vita: “infatti, per offendere l’innocenza di un bambino basta una frase inopportuna. Per ferire una donna può bastare un gesto di freddezza. Per spezzare il cuore di un giovane è sufficiente negargli la fiducia. Per annientare un uomo basta ignorarlo. L’indifferenza uccide. È come dire all’altra persona: “Tu sei un morto per me”, perché tu l’hai ucciso nel tuo cuore. Non amare è il primo passo per uccidere; e non uccidere è il primo passo per amare.” Il Pontefice (riferendosi al Caino biblico) ha ricordato quindi ai fedeli come tutti siamo “custodi dei nostri fratelli”, cioè “custodi gli uni degli altri! E questa è la strada della vita, è la strada della non uccisione. La vita umana ha bisogno di amore”, quell’amore autentico “che Cristo ci ha mostrato, cioè la misericordia. L’amore di cui non possiamo fare a meno è quello che perdona, che accoglie chi ci ha fatto del male. Nessuno di noi può sopravvivere senza misericordia, tutti abbiamo bisogno del perdono. Quindi, se uccidere significa distruggere, sopprimere, eliminare qualcuno, allora non uccidere vorrà dire curare, valorizzare, includere. E anche perdonare.” Nessuno può illudersi pensando: “sono a posto perché non faccio niente di male”, perché “c’è del bene da fare, preparato per ognuno di noi, ciascuno il suo, che ci rende noi stessi fino in fondo. ‘Non uccidere’ è un appello all’amore e alla misericordia, è una chiamata a vivere secondo il Signore Gesù, che ha dato la vita per noi e per noi è risorto.”
Domenica 21 ottobre, all’Angelus, il Papa (riferendosi al vangelo domenicale di Mc 10 ed alla domanda dei primi posti dei figli di Zebedeo) ha insistito sulla via del servizio e dell’amore “in perdita”, contro il morbo dei primi posti, uno dei grandi mali che affligge il mondo e non risparmia la Chiesa. Dio invece ha scelto il trono scomodo e doloroso della croce, la strada dura ma meravigliosa del servizio al prossimo, che è “la via maestra che porta al Cielo”. Infatti “la via del servizio è l’antidoto più efficace (…), la medicina per gli arrampicatori di questa ricerca dei primi posti, che contagia tanti contesti umani e non risparmia neanche (…) il Popolo di Dio e la gerarchia ecclesiastica. Perciò, come discepoli di Cristo, accogliamo questo Vangelo come richiamo alla conversione, per testimoniare con coraggio e generosità una Chiesa che si china ai piedi degli ultimi, per servirli con amore e semplicità.” Gesù chiede a Giovanni e a Giacomo di imparare “la via dell’amore ‘in perdita’; al premio ci penserà il Padre celeste. E la via dell’amore sempre è in perdita, perché amare significa lasciare da parte l’egoismo, l’autoreferenzialità per servire gli altri.”
Nel Vangelo poi anche gli altri discepoli dimostrano di avere la stessa mentalità mondana e questo offre lo spunto a Gesù per una lezione che vale per i cristiani di tutti i tempi: “chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi, sarà schiavo di tutti”. Al contrario dei grandi della Terra, “Dio sceglie un trono scomodo, la croce, dal quale regnare dando la vita: il Figlio dell’uomo – dice Gesù – non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.”
Non è mancato un ricordo alla Giornata Missionaria Mondiale, pensando “a tanti cristiani, uomini e donne, laici, consacrati, sacerdoti, vescovi, che hanno speso la loro vita e la spendono adesso lontani dalla patria, annunciando il Vangelo.”

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