LA BELLEZZA NELLA PAROLA a cura di gpc

“Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina. (…) Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». (Mc. 10, 6.8-9)
Il Vangelo in questa domenica ci parla della grandezza, bellezza del Matrimonio e della sua indissolubilità nel piano della Creazione. Un dono divino che traduce qualcosa dell’insondabile profondità del dare, dell’amare, del consumarsi nell’altro che viene da Dio.
Per questo, a commento (nell’anno dedicato a San Giuseppe), mi fermo su un capolavoro di Raffaello (ispirato ad un’analoga opera del Perugino) che è lo sposalizio della Vergine Maria con Giuseppe, conservato a Milano, nella Pinacoteca di Brera. E’ datato (1504) e firmato (Raphael Urbinas) sul frontone del Tempio ed è una delle opere più celebri dell’artista, che chiude il periodo giovanile e segna l’inizio della fase della maturità artistica.
Maria e Giuseppe sono in primo piano, con al centro un sacerdote che, tenendo le mani di entrambi, celebra il Matrimonio. Come da iconografia tradizionale, dal lato di Maria si trova un gruppo di donne, da quello di Giuseppe di uomini, tra cui uno, presente in tutte le versioni del soggetto, che spezza con la gamba il bastone che, non avendo fiorito, ha determinato la selezione dei pretendenti. Il riferimento è all’apocrifo Protovangelo di Giacomo (8,3-9,1) che spiega la scelta dello sposo di Maria. Ogni pretendente aveva avuto un ramo; quello che fosse fiorito sarebbe stato lo sposo prescelto. Fiorì il bastone di Giuseppe, che così è raffigurato. C’è un’idea di bellezza e di simmetria e tutto richiama la perfezione; l’ambiente è armonico, il cielo è terso e limpido, il tempio è impostato secondo i canoni della classicità, con le caratteristiche proprie dell’ideale rinascimentale.
“Così l’uomo nel primo incontro beatificante ritrova la donna, ed essa ritrova lui. (…) Quell’amore appunto nel quale l’uomo-persona diventa dono e – mediante questo dono – attua il senso stesso del suo essere ed esistere” (Giovanni Paolo II, Allocuzione, Oss. Rom., 17 gen. 1980).

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