“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».” (Mt. 24,37-44)

L’invito alla vigilanza che risuona in questa prima domenica di Avvento ci porta a considerare la realtà del giudizio universale. Per questo mi fermo a contemplare la scena degli eletti in Paradiso così come la rappresenta Luca Signorelli, uno dei grandi interpreti del Rinascimento, nel grande affresco sul lato sinistro della Cappella di san Brizio nel Duomo di Orvieto (databile tra il 1501 ed il 1502) che fa parte del complesso del Giudizio universale, con la Risurrezione di Gesù, il Paradiso e l’Anti inferno Una porzione di arco in prospettiva, decorato con cassettoni dipinti che fingono il rilievo, riquadra la scena. In basso sono raffigurati gli Eletti, seminudi, in atteggiamento estatico, che sembrano essere attratti verso l’alto da un moto che parte dall’angolo inferiore sinistro per arrivare a quello superiore destro. Sopra di loro gli Angeli guidano gli Eletti; essi, infatti, sembrano sollevarsi gradualmente da terra e ascendere al cielo stellato, ove sono attesi da altri Angeli volanti (a destra e a sinistra), i quali, imbracciando strumenti a corda e a fiato, appaiono intenti a suonare.
I personaggi, le cui configurazioni sono state rispettate seguendo i dettami della teologia, appaiono non più giovani ed esprimono una serena pacatezza. Qui, a differenza del precedente affresco (Dannati all’Inferno), dove l’artista dette sfogo alle sue più singolari invenzioni, appaiono accuratamente dettagliate le anatomie delle figure, talune anche un po’ troppo appesantite e talvolta ripetute in soliti atteggiamenti.
L’immagine dell’affresco del Duomo “comunica bene (scrive Timothy Verdon) lo spirito speranzoso e fiducioso di questa prima celebrazione dell’anno liturgico entrante.”
