Nella catechesi dell’udienza generale, mercoledì 12 novembre 2025, il Papa, ha evidenziato come la spiritualità pasquale infonda la speranza, incoraggi al bene ed animi la fraternità che “donata da Cristo morto e risorto ci libera dalle logiche negative degli egoismi, delle divisioni, delle prepotenze, e ci restituisce alla nostra vocazione originaria, in nome di un amore e di una speranza che si rinnovano ogni giorno.” Essa nasce da un dato umano, in quanto si fonda sulle relazioni (molteplici e diverse) che costruiscono legami autentici: “senza relazioni, che ci sostengono e che ci arricchiscono sin dall’inizio della nostra vita, non potremmo sopravvivere, crescere, imparare.” Senza di esse, ripiegati su sé stessi, si rischia il narcisismo e la solitudine, dove l’altro è “qualcuno da cui prendere”, senza essere disposti a donarci.
Oggi la fraternità non è scontata, né immediata, pensando ai tanti conflitti e tensioni, ma essa “non è un bel sogno impossibile”: per questo occorre “andare alle fonti, e soprattutto attingere luce e forza dal Colui che solo ci libera dal veleno dell’inimicizia.” La radice della parola “fratello” è molto antica, indicando il “prendersi cura, avere a cuore, sostenere e sostentare”, diventando “un appello, un invito.” Il rimando immediato è alla consanguineità, ma “il disaccordo, la frattura, talvolta l’odio possano devastare anche le relazioni tra parenti, non soltanto tra estranei”. Perciò è urgente “rimeditare il saluto con cui San Francesco d’Assisi si rivolgeva a tutte e a tutti: omnes fratres (fratelli tutti)”, ponendo tutti sullo stesso piano “nel comune destino di dignità, di dialogo, di accoglienza e di salvezza.” E’ l’approccio riproposto nella sua enciclica da Papa Francesco.
Il “tutti” francescano è “il segno accogliente di una fraternità universale, (…) un tratto essenziale del cristianesimo”, perché la salvezza è per tutti! Essa “si basa sul comandamento di Gesù, che è nuovo in quanto realizzato da Lui stesso, compimento sovrabbondante della volontà del Padre”: così, grazie a Lui, “noi possiamo a nostra volta amarci e dare la vita per gli altri, come figli dell’unico Padre e veri fratelli in Gesù Cristo.” Egli “ci ha amato sino alla fine” (cfr. Gv 13,1), sperimentando “il supplizio più terribile e l’abbandono”. Con la Risurrezione inizia una storia nuova: così i “discepoli diventano pienamente fratelli”, non solo vivendo “il dolore della morte di Gesù, ma, soprattutto, quando lo riconoscono come il Risorto, ricevono il dono dello Spirito e ne diventano testimoni.”
Vuol dire amare come Gesù, sostenendosi a vicenda nelle prove, piangendo e gioendo “insieme nella prospettiva operosa dell’unità, della fiducia, dell’affidamento reciproco”. E’ la via che “il Risorto ci ha indicato (…) da percorrere insieme a Lui, per sentirci e per essere fratelli tutti”.
Chiediamoci:
- Cerco di vivere (con l’aiuto del Signore) la spiritualità pasquale?
- Percepisco come la fraternità sia una delle più grandi sfide dell’umanità?
- Vedo come la fraternità donata da Cristo ci liberi dalle logiche negative degli egoismi?
- So intessere relazioni che arricchiscono la mia vita?
- So attingere luce e forza dal Colui che solo ci libera dal veleno dell’inimicizia?
- Accolgo l’invito ad essere fratello nel prendersi cura, avere a cuore, sostenere e sostentare?
- Rimedito il saluto di san Francesco (fratelli tutti), ponendo tutti sullo stesso piano?
- Riconosco nel “tutti” francescano un tratto essenziale del cristianesimo?
- Voglio imparare ad amare come Gesù, sostenendoci a vicenda nelle prove?
- So piangere e gioire insieme nella prospettiva operosa dell’unità, della fiducia, dell’affidamento reciproco?
- Riconosco che questa è a via che il Risorto ci ha indicato per sentirci ed essere, insieme a Lui, fratelli tutti?
