La parola di Papa Leone

All’udienza generale mercoledì 3 settembre 2025, il Pontefice ha riflettuto sull’umanità di Cristo negli ultimi momenti prima della sua morte, quando sulla croce dice di avere sete e riconoscendo “nella sete di Cristo (…) tutta la nostra sete”. Egli ha evidenziato, dal Vangelo giovanneo, due parole “che racchiudono un mistero immenso” («Ho sete» [19,28] ed «È compiuto» [19,30]) e “che svelano il senso di tutta l’esistenza del Figlio di Dio.” Sulla croce è “un mendicante d’amore”, non un eroe: “non proclama, non condanna, non si difende. Chiede, umilmente, ciò che da solo non può in alcun modo darsi.” Una sete non solo fisiologica, ma soprattutto espressione di un desiderio profondo di amore, perché, mendicando un sorso, “ci dice che l’amore, per essere vero, deve anche imparare a chiedere e non solo a dare.”

Così manifesta l’umanità (sua e nostra), perché “nessuno di noi può bastare a sé stesso. Nessuno può salvarsi da solo.” Infatti “la vita si ‘compie’ non quando siamo forti, ma quando impariamo a ricevere”, come ha fatto Gesù che si è fatto bisognoso, portando “a termine la sua opera”. Ecco “il paradosso cristiano: Dio salva non facendo, ma lasciandosi fare. Non vincendo il male con la forza, ma accettando fino in fondo la debolezza dell’amore.” L’uomo si realizza non “nel potere, ma nell’apertura fiduciosa all’altro”, anche se ci è ostile. “La salvezza non sta nell’autonomia, ma nel riconoscere con umiltà il proprio bisogno e nel saperlo liberamente esprimere.” Il Signore ha fiducia di noi: non salva con un colpo di scena, ma aprendo “una porta sulla vera speranza: se anche il Figlio di Dio ha scelto di non bastare a sé stesso, allora anche la nostra sete (di amore, di senso, di giustizia) non è un segno di fallimento, ma di verità, (…) difficile da accogliere.”

Il nostro tempo è segnato da autosufficienza, efficienza, prestazione, ma “il Vangelo ci mostra che la misura della nostra umanità” non sta in ciò che possiamo conquistare, ma nella capacità di lasciarci amare ed aiutare. “Gesù ci salva mostrandoci che chiedere non è indegno, ma liberante”, ma è la via per uscire dal nascondimento del peccato (che genera vergogna) e rientrare nello spazio della comunione, perché il perdono “nasce quando possiamo guardare in faccia il nostro bisogno e non temere più di essere rifiutati.”

La sete di Gesù è anche la nostra: non ci allontana da Dio, ma ci unisce a Lui. “È il grido dell’umanità ferita che cerca ancora acqua viva”. Se la riconosciamo, “possiamo scoprire che anche la nostra fragilità è un ponte verso il cielo.” E’ nel chiedere che “si apre una via di libertà” smettendo di bastare a noi stessi. “Nella fraternità, nella vita semplice, nell’arte di domandare senza vergogna e di offrire senza calcolo, si nasconde una gioia che il mondo non conosce. Una gioia che ci restituisce alla verità originaria del nostro essere: siamo creature fatte per donare e ricevere l’amore.”  Di qui l’invito a non temere di chiedere, anche se ci sembra di non meritarlo, non vergognandosi di tendere la mano, perché in quel gesto umile si nasconde la salvezza.

Al termine ha rivolto un accorato appello per il Sudan, paese dimenticato e afflitto da anni di violenze e guerre, colera e scosso da una frana che ha ucciso circa mille persone. Invoca corridoi umanitari e una risposta coordinata per mettere fine alle emergenze del popolo sudanese, “porre fine al conflitto e restituire al popolo del Sudan speranza, dignità e pace”. Si calcolano14 milioni di sfollati e oltre 300mila civili intrappolati nella città di El Fasher.

Chiediamoci:

  • Riconosco nella sete di Cristo la nostra sete?
  • So, come Gesù, chiedere umilmente?
  • Capisco che l’amore vero deve anche imparare a chiedere e non solo a dare?
  • Imparo che la vita si ‘compie’ non quando siamo forti, ma quando impariamo a ricevere?
  • Comprendo che il perdono vero nasce quando possiamo guardare in faccia il nostro bisogno?
  • Cerco di vivere nella fraternità, nella vita semplice, nell’arte di domandare senza vergogna e di offrire senza calcolo?
  • Comprendo che qui si nasconde una gioia ci restituisce alla verità originaria del nostro essere?

Prego, accogliendo l’invito del Papa, per la drammatica situazione del Sudan?