La bellezza nella Parola

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».” (Lc 18,9-14)

La parabola evangelica è stata rappresentata sin dalle origini, come nel mosaico nell’abside della chiesa di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (databile intorno al VI sec.). I due protagonisti del racconto evangelico sono posti davanti ad un tempio sormontato da un frontone con oculus e sorretto da quattro colonne. Il contrasto tra i due personaggi è evidente nella rappresentazione musiva. Guardando la scena l’uomo a sinistra è il pubblicano, indossa vesti dimesse, è volto di tre quarti; non osa alzare il capo, tenendolo reclinato verso il centro della scena riconoscendosi peccatore, mentre con la mano destra si batte il petto, in segno di umiltà. A destra, invece, è raffigurato il fariseo, ritto in posizione frontale, indossando abiti raffinati, come una tunica bianca ricamata alle estremità delle maniche e nella parte inferiore. E’ nell’atteggiamento dell’orante, come si usava nell’antichità, sia per gli ebrei che per i primi cristiani, con gli avambracci alzati e allargati e il palmo delle mani aperto; il suo sguardo è diritto e sembra ostentare superbia.

Una tenda annodata al centro pende dal frontone che si staglia nel vano della porta. Occorre notare che nel mosaico non è rappresentato Gesù, poiché non tratta un miracolo, ma una parabola rivolta a coloro che ritengono sé stessi giusti e disprezzano gli altri.

Secondo lo stoico dell’arte Raffaele Garrucci, nella parte inferiore della veste del Fariseo, si leggerebbe la parola ebraica Eli, ossia “Mio Dio”: attraverso tale ricamo, l’artista avrebbe voluto ricordare l’usanza dei Farisei di scrivere il nome di Dio sulle loro vesti per farsi notare quando comparivano in pubblico.