La parola di Papa Leone

Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te”. (Le Confessioni, 1, 1.1). Papa Leone XIV ha voluto iniziare (visibilmente emozionato) la sua omelia citando proprio S. Agostino, di cui è figlio spirituale ed al cui ordine religioso appartiene; durante la S. Messa solenne di inaugurazione del suo pontificato domenica 18 maggio 2025, alla presenza di una folla straripante di fedeli (si calcolano circa 200.000 persone in presenti in piazza San Pietro) che, precedentemente aveva voluto salutare, passando in mezzo a loro con la papamobile per benedire, quasi collegandosi con quell’ultima benedizione che papa Francesco aveva voluto portare alla folla nel giorno di Pasqua. Erano presenti oltre 150 delegazioni ufficiali e, tra i rappresentanti delle altre religioni, oltre alla comunità ebraica, c’erano musulmani, induisti, sikh, zoroastriani e giansenisti.

Il Papa ha ricordato di essere “stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore”; per questo sente di accostarsi “come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.” Egli ha ripercorso i giorni dolorosi della morte di Papa Francesco, nella certezza che Dio cammina al fianco di ognuno e che raduna il suo gregge disperso. Leone XIV ha parlato del Conclave nella scelta del nuovo Pontefice, custode della fede cristiana e con lo sguardo lontano “per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi”. E’ “l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.”

Leone XIV ha messo, poi, in rilievo l’unità comeuna delle dimensioni della “missione affidata a Pietro da Gesù”, insieme all’amore infinito di Dio ha per noi. A Pietro, pescatore di uomini, e ai discepoli, tocca gettare “la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio”. E’ ciò è possibile per Pietro “solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento.”  Così,toccati da questo amore che porta a un “di più” da offrire, dando la vita per i fratelli, si può cogliere il magistero petrino, fondandolo sull’amore di Cristo, nella carità e senza imposizioni. E’ ciò che dicevano anche i suoi predecessori (Benedetto XVI e Francesco), quando affermavano che “la Chiesa non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per testimonianza”. E’ proprio l’amore oblativo a caratterizzare il ministero di Pietro, “perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.” Ciò significa custodire le “pietre vive”, gli uomini, chiamate a “costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità”, senza egoismi. Così “Pietro deve pascere il gregge senza non cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro.”  Egli ha constatato di essere in un tempo di discordia, dove ci sono “troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri” e la “Chiesa unita, segno di unità e di comunione”, deve diventare “fermento per un mondo riconciliato.”

La Chiesa per papa Leone è “un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità” per dire a tutti, “con umiltà e con gioia” che la Parola di Cristo consola, illumina, che la sua è una proposta di amore che rende tutti un’unica famiglia. “E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.” Una Chiesa missionaria, non chiusa in un piccolo gruppo o in un atteggiamento di superiorità, ma pronta a “offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”. L’invito è quello di vivere“la carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi” ed  “è il cuore del Vangelo,” a costruire “una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.”  Citando Leone XIII, si è chiesto: “se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Rerum novarum, 21).”

Il rito ha anche previsto diversi momenti dal grande valore simbolico nei quali spiccano le antiche insegne episcopali “petrine”: il Pallio (imposto dal card. Mario Zenari, nunzio in Siria) e l’Anello del Pescatore (che il cardinale card. Luis Antonio Gokim Tagle gli ha messo al dito).

Il Pallio è un paramento liturgico realizzato con lana di agnelli che rievoca il buon Pastore e la triplice risposta di Pietro alla richiesta di Gesù risorto di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle. L’Anello del Pescatore ha la valenza specifica dell’anello-sigillo che autentica radicalmente la fede, compito affidato a Pietro di confermare i suoi fratelli. Significativa poi la sosta in preghiera del Pontefice, con i Patriarchi delle Chiese Orientali, al Sepolcro di San Pietro, vi sosta in preghiera e poi lo incensa, a sottolineare lo stretto legame con l’Apostolo, come pure l’obbedienza prestata al Papa da dodici rappresentanti di tutte le categorie del popolo di Dio, provenienti da varie parti del mondo.

Al Regina Caeli, a conclusione della Messa di inizio del ministero petrino, Leone XIV ha poi chiesto solidarietà e iniziativa diplomatica per le zone di conflitto, dall’Oriente all’Europa.