Mercoledì 18 settembre 2024, all’udienza generale, il Papa ha ripercorso le tappe del suo recente viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Orientale e Singapore, dove ha incontrato una Chiesa grande e viva, che non fa proselitismo, ma cresce per “attrazione” (come aveva detto papa Benedetto XVI). Egli ha innanzitutto chiarito che si è trattato di un “viaggio apostolico perché non è un viaggio di turismo, è un viaggio per portare la Parola del Signore, per far conoscere il Signore, anche per conoscere l’anima dei popoli,” sull’esempio di san Paolo VI, confessando che la meta del suo viaggio era quella della missione a cui aspirava da giovane gesuita.
Dall’esperienza dl viaggio si capisce che “nel pensare alla Chiesa siamo ancora troppo eurocentrici, (…) ma in realtà, la Chiesa è molto più grande, molto più grande di Roma e dell’Europa, (…) molto più viva, in quei Paesi.” Qui il Papa ha incontrato le comunità, “ascoltando le testimonianze di preti, suore, laici, (…) catechisti (…) che portano avanti l’evangelizzazione.”
In Indonesia, dove “i cristiani sono circa il 10%, e i cattolici il 3%”, c’è una Chiesa “vivace, dinamica, capace di vivere e trasmettere il Vangelo”, in una nazione “che ha una cultura molto nobile, portata ad armonizzare le diversità” e che ha “la più numerosa presenza di musulmani al mondo”. “Fede, fraternità, compassione”: su queste parole (motto della sua visita) “il Vangelo entra ogni giorno, nel concreto, nella vita di quel popolo, accogliendola e donandole la grazia di Gesù morto e risorto.” L’immagine del ponte, come il sottopassaggio che collega la Cattedrale di Giacarta alla più grande Moschea dell’Asia mostra come la fraternità sia il futuro, “la risposta all’anti-civiltà, alle trame diaboliche dell’odio e della guerra, anche del settarismo.” Qui c’è la “conferma di come la compassione sia la strada su cui i cristiani possono e devono camminare per testimoniare Cristo Salvatore e nello stesso tempo incontrare le grandi tradizioni religiose e culturali.” Al riguardo, occorre non dimenticare “le tre caratteristiche del Signore: vicinanza, misericordia e compassione“, perché “se un cristiano non ha compassione, non serve a niente“.
In Papua Nuova Guinea, ha ritrovato “la bellezza di una Chiesa missionaria, in uscita, dove si impegnano missionari e catechisti”. Qui “i diversi gruppi etnici parlano più di ottocento lingue” e sono un “ambiente ideale per lo Spirito Santo, che ama far risuonare il messaggio dell’Amore nella sinfonia dei linguaggi“, perché “lo Spirito Santo, è sinfonia, è armonia”. Qui, “in loro ho visto un nuovo futuro, senza violenze tribali, senza dipendenze, senza colonialismi ideologici ed economici; un futuro di fraternità e di cura del meraviglioso ambiente naturale. Papua Nuova Guinea può essere un ‘laboratorio’ di questo modello di sviluppo integrale, animato dal “lievito” del Vangelo. Infatti “non c’è nuova umanità senza uomini nuovi e donne nuove, e questi li fa solo il Signore”.
Nel Timor Orientale il Pontefice ha ritrovato i tratti di una “promozione umana e sociale del messaggio cristiano” in un paese in cui “la Chiesa ha condiviso con tutto il popolo il processo di indipendenza, orientandolo sempre alla pace e alla riconciliazione”. Tutto questo non ideologizzando la fede, perché “è la fede che si fa cultura e nello stesso tempo la illumina, la purifica, la eleva”: essa va “inculturata e le culture vanno evangelizzate“. Un popolo bello, quello di Timor est, “un popolo provato ma gioioso, un popolo saggio nella sofferenza. Un popolo che non solo genera tanti bambini (…), ma insegna loro a sorridere” la fede. Qui si respira “aria di primavera”!
Infine a Singapore, “città-Stato, modernissima”, in cui “i cristiani sono una minoranza”, c’è “una Chiesa viva, impegnata a generare armonia e fraternità tra le diverse etnie, culture e religioni”. Un paese ricco, in cui chi segue il Vangelo diventa “sale e luce”, testimone “di una speranza più grande di quella che possono garantire i guadagni economici”.
Chiediamoci:
- So, nella mia esperienza di cristiano, portare il Signore agli altri?
- Guardo alla Chiesa non in chiave eurocentrica, ma universale?
- Leggo nella compassione la strada dei cristiani per testimoniare il Vangelo ed incontrare le altre religioni e culture?
- Mi modello sulle tre caratteristiche del Signore: vicinanza, misericordia e compassione?
- Guardo alla fraternità come risposta all’anti-civiltà, alle trame diaboliche dell’odio e della guerra?
- Penso alla Nuova Guinea come un ‘laboratorio’ per un modello di sviluppo integrale, animato dal ‘lievito’ del Vangelo?
- Mi lascio guidare nelle mie azioni dallo Spirito Santo, che è sinfonia ed armonia?
- Capisco che è la fede che si fa cultura e nello stesso tempo la illumina, la purifica, la eleva?
- Mi impegno, nella Chiesa a generare armonia e fraternità?
- Sento il dovere di essere ‘sale e luce’, testimone di una speranza più grande di quella dei i guadagni economici?