La parola di Papa Francesco

Il Papa dal 3 al 13 settembre 2024 ha compiuto il suo 45° viaggio apostolico, visitando Indonesia (3-6 settembre), Papua Nuova Guinea (6-9 settembre), Timor est (9-11 settembre), Singapore (11-13 settembre), il più lungo del suo pontificato. Dalla prima tappa in Indonesia facciamo emergere alcuni spunti ed insegnamenti: egli ha incontrato la piccola comunità cristiana (circa 10 milioni di fedeli) che vivono nella più popolosa nazione musulmana al mondo (275 milioni di abitanti), dove il clima di dialogo e di tolleranza è vissuto, anche se in passato non sono mancati segni di intolleranza e di persecuzione nei confronti della Chiesa. 

La visita è iniziata nel segno degli orfani, degli anziani, dei poveri e dei rifugiati, intere famiglie che non hanno casa e vivono tra i rifiuti, incarnazione di quella “cultura dello scarto” da sempre denunciata, poveri che vivono per strada che raccolgono la spazzatura e la riciclano.  Dei diversi incontri ricorderemo l’incontro con il clero ed i consacrati, l’incontro interreligioso, la S. Messa nello stadio della capitale.

Nella cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione a Jakarta (il 4 settembre), Francesco si è rivolto a vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati, seminaristi e catechisti, ricordando che la fede non si impone, ma si condivide con gioia.Annunciare il Vangelo non vuol dire imporre o contrapporre la propria fede a quella degli altri, ma donare e condividere la gioia dell’incontro con Cristo (cfr 1 Pt 3,15-17), sempre con grande rispetto e affetto fraterno per chiunque.” Occorre essere “profeti di comunione, in un mondo dove sembra invece stia crescendo sempre più la tendenza a dividersi, imporsi e provocarsi a vicenda”. (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 67).  Ha poi esaltato l’enorme ricchezza naturale del Paese, invitando a coltivare un cuore grato e responsabile, oltre ogni tentazione di orgoglio: “guardare a tutto questo con umili occhi di figli ci aiuta a credere, a riconoscerci piccoli e amati“.  E poi ha spiegato il senso della “compassione” che sta non nel dispensare elemosine ma nell’abbracciare i sogni di giustizia. “Ciò che manda avanti il mondo non sono i calcoli di interesse, che finiscono in genere col distruggere il creato e dividere le comunità, ma la carità che si dona”.

La Moschea di Istiqlal (il 5 settembre) è stato il teatro di un capitolo tra i più intensi della tappa indonesiana del viaggio di Francesco, l’incontro interreligioso, la firma con il Grande Imam Nasaruddin Umar della “Joint Declaraion of Istiqlal” e la visita al Tunnel dell’Amicizia che unisce la Moschea alla Cattedrale cattolica. Qui ha invitato a contrapporre ai tanti segnali di minaccia, “il segno della fratellanza che, accogliendo l’altro e rispettandone l’identità, lo sollecita a un cammino comune, fatto in amicizia, e che porta verso la luce.” Ricordando come “l’esperienza religiosa sia punto di riferimento di una società fraterna e pacifica e mai motivo di chiusura e di scontro”, ha incoraggiato “a proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili.”

Ha lasciato quindi due consegne “per incoraggiare il cammino dell’unità e dell’armonia” : innanzitutto “guardare sempre in profondità, perché solo lì si può trovare ciò che unisce al di là delle differenze”. A ciò deve seguire “l’avere cura dei legami, creando un collegamento tra le diversità e coltivando amicizia, al di là della diversità di dottrine e dogmi”.

Nella S. Messa allo stadio ha ricordato che l’uomo ha bisogno di una fiammella che lo guidi e che viene dal cielo, con la forza che viene dalla Parola e che trasforma il cuore. “Non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità che è un vero tesoro, fra voi! Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdere il sorriso, per favore, e andare avanti! E siate costruttori di speranza.”

Egli ha messo in rilievo come, “in mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane”, ci sia bisogno della Parola di Dio, “l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita.”

Infatti “la nostra vita di fede inizia quando umilmente accogliamo Gesù sulla barca della nostra esistenza, gli facciamo spazio, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e da essa ci facciamo interrogare, scuotere e cambiare”.

Chiediamoci:

  • Sono attento a non cadere nella “cultura dello scarto”?
  • Mi ricordo che la fede non si impone, ma si condivide con gioia?
  •  Chiedo al Signore di essere un profeta di comunione, in un mondo dove sembra crescere la tendenza a dividersi?
  • Coltivo in me un cuore grato e responsabile di fronte al dono del creato?
  • Mi ricordo che il mondo va avanti non per calcoli, ma per la carità che si dona?
  • Vivo l’esperienza religiosa come punto di riferimento di una società fraterna e pacifica e mai motivo di chiusura e di scontro?
  • Guardo sempre in profondità, per trovare ciò che unisce al di là delle differenze?
  • Non mi stanco di sognare e di costruire una civiltà della pace?
  • Mi pongo in ascolto della Parola di Dio, facendomi interrogare, scuotere e cambiare?