NESSUNO NE PARLA (O QUASI) news quasi sconosciute a cura di Gian Paolo Cassano

Dialogo, pace, ruolo della Chiesa. Ne parliamo attraverso due notizie: il Sinodo caldeo e l’impegno della Chiesa pakistana per il dialogo interreligioso.
Innanzitutto il Sinodo dei vescovi della Chiesa caldea che è iniziato domenica 4 agosto, con la celebrazione eucaristica presieduta dal Patriarca Louis Raphael Sako, Ai lavori (come riferisce l’Agenzia Fides) presso il complesso patriarcale di Ankawa (sobborgo di Erbil, capitale della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, prendono parte per la prima volta anche alcuni laici caldei, uno per ogni diocesi. Il Papa, in una lettera inviata al patriarca per l’occasione ha inviato una lettera in cui sottolinea che “anche i nostri fratelli musulmani soffrono per la loro vita ogni giorno”, augurandosi che nel dolore condiviso possano essere aperti cammini di speranza per un futuro migliore”. Il Patriarca Sako ha espresso “grande gioia” per l’annunciato desiderio del Vescovo di Roma di visitare l’Iraq il prossimo anno. “Fin dai primi secoli” si legge nella lettera inviata dal Patriarca Sako a Papa Francesco, diffusa dei media ufficiali del Patriarcato caldeo – la Chiesa caldea è stata una Chiesa missionaria, ha proclamato il Vangelo fino in Cina, e ha offerto lungo il cammino un gran numero di martiri, che continua a crescere fino a oggi. Possiamo dire che è sempre stata la Chiesa dei Martiri e nel corso della storia”.
Di fronte alle continue violenze in Pakistan contro le minoranze religiose ed etniche, lo scorso 29 luglio è stato aperto da mons. Sebastian Shaw (arcivescovo di Lahore) il seminario “Armonia religiosa, necessità sociale” con l’obiettivo di alimentare il dialogo tra le religioni per annullare la violenza e diffondere l’immagine di una Chiesa aperta alla bellezza della diversità e lontana da tentativi di conversione. Un incontro necessario per scuotere l’indifferenza generale del Paese, a cui hanno partecipato più di 300 fra sacerdoti, pastori protestanti e religiosi islamici.
“Il Pakistan ha avuto due grandi fonti di fondamentalismo – ha detto a Radio Vaticana Italia Bernardo Cervellera, missionario del Pime e direttore di Asia News – da un parte i talebani che fuggivano nel Paese quando combattevano contro i russi e hanno creato scuole talebane sul territorio riversando il loro fondamentalismo islamico. Poi c’è stato un uso dell’Islam dal punto di vista politico, soprattutto da parte del dittatore Zia-ul-Haq. Tutto questo ha creato 25.000 scuole islamiche fondamentaliste che creano studenti fondamentalisti, adulti fondamentalisti che sono diventati un partito politico che ha un’influenza enorme sulla situazione sociale e sul governo”. In questo scenario la vita degli appartenenti a minoranze religiose è tutt’altro che facile, come racconta padre Cervellera. Infatti: “I cristiani sono una piccolissima minoranza, l’1,3% di tutta la popolazione, sono continuamente bersagliati e non sono considerati. Ci sono ruberie di terreni, espropri di case, ma anche violenze motivate da problemi sociali. Non contano nulla e il governo pur dicendo di voler tutale le minoranze non fa assolutamente nulla”.

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