Il nuovo beato padre Moisès Lira Serafín

Francesco all’Angelus domenica 15 settembre ha salutato con gioia il nuovo beato padre Moisès Lira Serafín (1893-1950), missionario dello Spirito Santo e fondatore della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata. E’ stato proclamato beato sabato 14 settembre nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, nella S. Messa presieduta dal cardinale Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi. La sua è stata “una vita – ha detto il Papa – spesa ad aiutare le persone a progredire nella fede e nell’amore del Signore. Il suo zelo apostolico stimoli i sacerdoti a donarsi senza riserve per il bene spirituale del popolo santo di Dio.”

Era nato a Zacatlan, nello Stato di Puebla, il 16 settembre 1893. Crebbe in una famiglia cristiana e nel 1914 entrò nella congregazione dei Missionari dello Spirito Santo, fondata da padre Felix de Jesus Rougier, divenendo il primo novizio. Fu ordinato sacerdote nel 1922 e nello stesso anno emise i voti perpetui. E’ stato sempre fedele al suo motto (“È necessario essere molto piccoli per essere un grande santo”) dedicandosi all’insegnamento, alla cura degli anziani e al servizio dei carcerati. Durante la persecuzione religiosa del 1926, celebrò la messa in segreto e portò la comunione ai fedeli. Tornato in Messico nel 1928, dopo gli studi a Roma, continuò il suo lavoro come guida spirituale, direttore di missioni e fondatore, nel 1934, dell’Opera di carità e apostolato Sociale, nota come Missionarie della Carità di Maria Immacolata. Morì il 25 giugno 1950 a Città del Messico.

il 27 marzo 2013 da Papa Francesco. Ha detto il cardinale Semeraro, durante l’omelia: “Una delle caratteristiche del nuovo beato Moisés Lira Serafín  – ha detto nell’omelia il card. Semeraro – è stata proprio questa: riprodurre in sé l’immagine di Cristo Figlio, mite e umile, e proporre questo volto di Gesù anche all’imitazione delle sue figlie spirituali, (…), guidandole nel cammino della infanzia spirituale”. 

Parlava di Dio da vero figlio e ne parlava “come un vero padre facendolo con una tenerezza che impressionava”, e viveva la “piccolezza” di figlio, con la gioia di fare sempre la volontà del Padre, anche quanto era molto malato e prostrato. Ma è stato anche grande maestro di paternità spirituale, e confessore, per tante persone “che guidava pure nella scelta di vita”.

Riferendosi al brano del Vangelo di Matteo protagonista della liturgia, quello nel quale Gesù invita i discepoli a farsi piccoli come bambini, per essere “il più grande nel regno dei cieli” il cardinale ha ricordato, con san Bernardo, che il piccolo che dobbiamo imitare “è Gesù, che fu mite e umile di cuore”. E questa, ha sottolineato, è stata una delle caratteristiche del nuovo beato, nato nel 1893 nella zona di Puebla, fondatore nel 1934 della Congregazione delle Missionarie della Carità di Maria Immacolata, proprio con la missione di aiutare tutti gli uomini a vivere come figli amati da Dio, e morto nel 1950 a Città del Messico. Padre Moisès, come ha detto un testimone nel processo per la beatificazione, ha ricordato Semeraro “quando si trattava di Dio egli parlava come un vero figlio e parlava di Dio come un vero padre”. Quello che dovremmo fare tutti cercando di pregare “con gioia e con fiducia, la preghiera del Padre nostro”.

La sua non è stata una vita facile, perché sia da bambino (aveva 5 anni) morì la mamma e, per il lavoro del padre, fu costretto a continui spostamenti. Tuttavia “il suo carattere rimase allegro, giocoso e scherzoso” ed i suoi confratelli religiosi testimoniarono “che il suo scopo era quello di rendere gli altri felici”.

Il card. Semeraro ha messo poi in rilievo una seconda caratteristica, cioè “il suo speciale carisma per la direzione spirituale”, come confessore, dalle sei alle otto ore al giorno, ma anche “nell’accompagnamento di tante persone, che guidava pure nella scelta di vita”. Così la sua infanzia spirituale “si trasformava in paternità spirituale con cui infondeva nei cuori pace, confidenza in Dio, sicurezza. Non abbatteva, ma sollevava lo spirito, dicevano di lui e questo è un bisogno molto avvertito nella Chiesa di oggi”. La celebrazione liturgica cade il 25 giugno.