LA BELLEZZA NELLA PAROLA

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Gv 6, 56-58)

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L’origine della festa del S.S. Corpo e Sangue di Gesù ha una sua prima radice nella diocesi di Liegi, ma venne estesa a livello universale da papa Urbano IV nel 1264 (con la bolla Transiturus) dopo il Miracolo eucaristico di Bolsena, avvenuto l’anno prima, quando un sacerdote boemo, dubitante della transustanziazione, vide sgorgare sangue vivo da un’ostia durante la celebrazione eucaristica, che macchiarono anche il corporale. Raffaello lo illustrò in un grandioso affresco (m. 5,50 x 6,60) nelle Stanze Vaticane nel 1512. La frattura asimmetrica della finestra (larga 295 cm) che si apre nella parete costrinse Raffaello ad organizzare la scena su un piano rialzato al centro e due gruppi di figure in basso ai lati.
Sullo sfondo di una basilica classicheggiante aperta sul cielo (come nella famosa Scuola di Atene), l’artista isolò l’altare attraverso la massa scura di un’esedra lignea, una specie di coro rovesciato, cinquecentesco, da cui si sporgono due curiosi. Al centro si vede il blocco dell’altare, coperto da un telo a righe dorate e con una misurata natura morta di oggetti liturgici sopra, dove il sacerdote boemo sta celebrando la messa, con diversi chierici inginocchiati. La scena celebrava il culto personale del papa Giulio II che è inginocchiato davanti a lui, con alle spalle un gruppo di cardinali e di sediari pontifici.
Il colore utilizzato all’interno di questo lavoro è molto interessante: ci sono molti colori sgargianti che mettono in contrasto varie sezioni dell’affresco, come la tonalità utilizzata per l’altare o anche i colori utilizzati per l’abbigliamento dei presenti, che rendono quest’opera un vero capolavoro e di grande complessità di realizzazione.

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