Ricordo don Paolo con grande affetto e riconoscenza; scrivo sapendo che lui mi legge nel cuore, come ha sempre fatto, ed ora che è arrivato al traguardo della sua vita, nell’eternità beata. Era pronto, come mi aveva detto in una delle ultime conversazioni telefoniche fatte dall’Ospedale. La sua è stata una risposta sempre nella fede.
Sono passati 40 anni di collaborazione giornalistica e di fraternità sacerdotale. Posso dire che è stato per me un maestro; di vita cristiana, intellettuale finissimo, maestro nell’arte della comunicazione….
Un uomo di cultura che sapeva leggere con profondità ciò che avveniva intorno a noi; il primo incontro con lui fu in Seminario come professore di patrologia, dove portava tutta quella sapienza storica e teologica che, dopo gli anni di professione come ragioniere (ha sempre rivendicato il suo essere stato studente dell’Istituto Leardi, impegnandosi nell’associazione degli ex allievi), maturando la vocazione sacerdotale, aveva compiuto con gli studi a Roma venendo ordinato prete il 14 settembre 1971 (primo sacerdote ordinato da mons. Carlo Cavalla, da poco vescovo di Casale).
E’ stato un sacerdote amico, di una profonda spiritualità; quante volte mi sono confrontato con lui su temi di fede, chiedendogli consigli, anche di fonte a dubbi di coscienza, trovando in lui sempre un cuore aperto e generoso e capace di orientare ad uno stile evangelico, soprattutto verso i poveri (penso ai tanti anni in cui fu direttore della Caritas diocesana).
Fu soprattutto un maestro di giornalismo. Sono passati 40 anni da quando io, giovane sacerdote che il Vescovo aveva chiamato in Seminario in un servizio vocazionale, chiesi se fosse possibile incominciare a scrivere per il giornale. Mi mise alla prova. Allora si scriveva a macchina (non al computer) e preparai i primi fogli della mia piccola collaborazione che divenne volta per volta più costante. Da lui imparai i segreti del mestiere, ma soprattutto come un sacerdote che voglia fare il giornalista debba portare la sua ministerialità all’interno di questa affascinante professione.
Ho sempre amato raccontare e soprattutto ho cercato di curare ciò che avveniva ad Occimiano e nei luoghi dove sono stato chiamato a vivere il mio ministero. Così pure è stato per gli avvenimenti della nostra Chiesa. Penso all’impegno posto nel raccontare il Sinodo diocesano voluto da mons. Cavalla o altri avvenimenti di riflessione, come l’incontro interreligioso di Assisi voluto da san Giovanni Paolo II su cui mi chiese di fare un articolo (il mio primo fondo!)…
Quando nel 1985, con mia grande sorpresa, il compianto mons. Carlo Cavalla mi nominò vice direttore de “La Vita casalese” trovai in lui un sacerdote amico, un direttore esigente, un maestro di giornalismo.
In redazione (presso la sua casa in via Roma, anzi all’inizio nel suo stesso alloggio) si respirava un clima di famiglia. Come non ricardare la sua mamma, sempre accogliente, la sig.ra Letizia, con la sua delicatezza materna…
Mi insegnò il rigore nell’impegno giornalistico (i suoi giudizi erano sempre molto ponderati, non mancando di fare osservazione, per cui erano sempre molto apprezzati) e la passione per la comunicazione. Il suo è stato un fiuto giornalistico di grande valore. Intuiva la notizia con perspicacia, sapeva leggere gli avvenimenti (i “segni dei tempi”) in uno stile evangelico. Nelle tante conversazioni con lui capivo sapeva guardare molto in là…
Quado poi il Vescovo mi chiamò in Seminario come Rettore, poi a Roma per gli studi, poi ancora in Seminario come padre spirituale ed infine in parrocchia, l’impegno giornalistico (seppure in modo diverso) è stato per me sempre una costante
Quanti ricordi ! Penso, tra i tanti, al suo desiderio di un confronto più ampio, invitandomi a partecipare con lui a numerosi convegni giornalistici un po’ in giro per l’Italia, spesso insieme al compianto mons. Felice Moscone, vicario generale e penna giornalistica finissima. Io facevo l’autista (mi è sempre piaciuto guidare) e durate il viaggio si discuteva e si commentava…
Ho imparato molto e ne sono grato.

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