“Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. (Mc. 10,45)
L’episodio evangelico narrato da Marco ci parla del desiderio dei primi posti che va ad intaccare anche la comunità apostolica e qui specificatamente Giovanni e Giacomo.
A commento mi servo della tela attribuita a Bonifacio de’ Pitati (detto Bonifacio Veronese) e alla sua bottega veneziana (anche se in un primo tempo si pensò che l’autore fosse di Tiziano), che operò tra il XV ed il XVI secolo ed ora conservata alla Galleria Borghese di Roma.
In realtà illustra la versione matteana, in cui è la madre Salome a porre la richiesta a Gesù, ma ci aiuta ugualmente a coglierne l’insegnamento. Ella, prostrata secondo il racconto, chiede a Gesù di far sedere i suoi figli accanto a Lui in Cielo, uno a destra, l’altro a sinistra.
Ci troviamo di fronte ad una tipica realizzazione rinascimentale dove tutto contribuisce a dare un’idea di perfezione, come la regolarità delle geometrie del pavimento, l’inquadratura architettonica sullo sfondo, la regolarità delle posizioni delle diverse figure sulla scena. Al centro Gesù è seduto in trono, quasi una sorta di prolessi (tecnica con cui si anticipa qualcosa che ancora non c’è) che è la gloria stessa di Dio a cui i due figli di Zebedeo chiedono di partecipare.
Gesù appare come giudice glorioso, con il libro del giudizio in una mano e misericordioso allo stesso tempo, con le braccia aperte ed accoglienti. Alla sua destra Giovanni (il più giovane, lievemente arretrato) e Giacomo e, dall’altra parte Pietro ed altri apostoli, contrariati per la richiesta dei due discepoli.
Signore, perdonaci se siamo lontani da quello che tu hai pensato per noi ma aiutaci a prendere la strada giusta per trovare la luce!
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