LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Mercoledì 11 agosto, all’Udienza generale nell’Aula Paolo VI, il Papa ha proseguito la riflessione sulla Lettera ai Galati di San Paolo, soffermandosi sulla “legge di Mosè”, per spiegare “la novità della vita cristiana”, seguendo quanto scrive l’Apostolo delle genti. Infatti “se c’è lo Spirito Santo, se c’è Gesù che ci ha redenti perché la Legge?” Poalo reagisce nei confronti di coloro che avrebbero voluto “che i Galati avrebbero dovuto seguire la Legge per essere salvati. Tornavano indietro.” Eppure le disposizioni emerse dall’assise apostolica di Gerusalemme “erano molto chiare, e dicevano: è parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo,” al di fuori di alcune cose (cfr. At 15,28-29) “che toccavano il culto a Dio, l’idolatria e toccavano anche il modo di capire la vita di quel tempo.” L’apostolo parlando della Legge, “fa riferimento normalmente alla Legge mosaica, alla Legge di Mosè, ai Dieci Comandamenti” che “era in relazione con l’Alleanza che Dio aveva stabilito con il suo popolo, un cammino per preparare questa Alleanza.” E’ la Torah, “la raccolta di tutte quelle prescrizioni e norme che gli Israeliti devono osservare, in forza dell’Alleanza con Dio”, la cui osservanza “garantiva al popolo i benefici dell’Alleanza e garantiva il legame particolare con Dio. Questo popolo, questa gente, questa persone, sono legati a Dio e fanno vedere questa unione con Dio nel compimento, nell’osservanza della Legge. Stringendo l’Alleanza con Israele, Dio gli aveva offerto la Torah, la Legge, perché potesse comprendere la sua volontà e vivere nella giustizia.” Ora, in quel tempo, c’era bisogno di una Legge, “grande dono che Dio ha dato al suo popolo” contro il paganesimo e l’idolatria. “L’Alleanza stabilita da Dio con Abramo era basata sulla fede nel compimento della promessa e non sull’osservanza della Legge, che ancora non c’era.”
Paolo non è contrario alla Torah, tanto che “più volte, nelle sue Lettere, ne difende l’origine divina e sostiene che essa possiede un ruolo ben preciso nella storia della salvezza”, ma, grazie alla sua “intelligenza spirituale e sostenuto dalla grazia ricevuta per la sua missione evangelizzatrice” insegna che “la Legge non dà la vita, non offre il compimento della promessa, perché non è nella condizione di poterla realizzare. La legge è un cammino che ti porta avanti verso l’incontro. Paolo usa una parola molto importante, la legge è il ‘pedagogo’ verso Cristo, il pedagogo verso la fede in Cristo, cioè il maestro che ti porta per mano all’incontro. Chi cerca la vita ha bisogno di guardare alla promessa e alla sua realizzazione in Cristo. (…) Questa parola è molto importante: il popolo di Dio, noi cristiani, camminiamo nella vita guardando una promessa, la promessa è proprio quello che ci attira per andare avanti all’incontro con il Signore.”
Questa è “la radicale novità della vita cristiana” e “tutti quelli che hanno la fede in Gesù Cristo sono chiamati a vivere nello Spirito Santo, che libera dalla Legge e nello stesso tempo la porta a compimento secondo il comandamento dell’amore”, perché “la legge ci porta a Gesù”. Per questo Francesco ha auspicato che, con l’aiuto di Dio, i fedeli possano camminare “sulla strada dei Comandamenti”, che sono “pedagoghi che portano all’incontro con Gesù”, ma sempre guardando “all’amore a Cristo”, sapendo che l’incontro con Lui “è più importante che tutti i Comandamenti”.
Domenica 15 agosto, nella solennità dell’Assunta, all’Angelus, il Pontefice ha invitato a guardare a Maria perché ci accompagni nel cammino che dalla Terra porta al Cielo attraverso le strade della piccolezza e del servizio che hanno segnato la sua vita. Come ricorda il Magnificat, “Maria esulta in Dio, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”; è questo il “segreto di Maria” racchiuso nella parola “umiltà”, che ha incantato Dio, e che l’ha resa “la piena di grazia”, proprio perché “svuotata di sé”. Così straordinaria nella sua “ordinarietà” che fa innamorare Dio. Come è diverso lo sguardo dell’uomo da quello di Dio: l’uno “ricerca la grandezza e si lascia abbagliare da ciò che è appariscente”, l’altro invece guarda il “cuore”, come è accaduto con la Madonna. “Oggi, guardando a Maria assunta, possiamo dire che l’umiltà è la via che porta in Cielo. La parola ‘umiltà’ lo sappiamo deriva dal termine latino humus, che significa ‘terra’. È paradossale: per arrivare in alto, in Cielo, bisogna restare bassi, come la terra! Gesù lo insegna: «chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11). Dio non ci esalta per le nostre doti, per le ricchezze, per la bravura, ma per l’umiltà. Dio è innamorato dell’umiltà. Dio innalza chi si abbassa, chi serve.”
L’umile Maria a sé non attribuisce altro e non ricerca altro che il “titolo” di serva. E questo deve far riflettere ciascuno di noi sulla nostra vita, mettendo ancora una volta a confronto un atteggiamento umano e uno divino: il bisogno di affermarsi, di essere lodato e “primeggiare” con la capacità invece di” servire”, “ascoltare”, “tacere” e “fare un passo indietro”, disinnescando e non alimentando con le chiacchiere “litigi e discussioni”. In questo modo, con questo segreto, nella sua “piccolezza” e riconoscendosi “piccola e bisognosa”, Maria “conquista i cieli per prima”. Proprio per la sua umiltà dunque Lei è “la piena di grazia”. E’ sul suo nulla, infatti, che il Signore ha potuto “compiere grandi cose”. Infatti “con Dio, solo chi si riconosce un nulla è in grado di ricevere il tutto. Solo chi si svuota di sé viene riempito da Lui. E Maria è la «piena di grazia» proprio per la sua umiltà. Anche per noi l’umiltà è il punto di partenza sempre, è l’inizio del nostro aver fede. È fondamentale essere poveri in spirito, cioè bisognosi di Dio. Chi è pieno di sé non dà spazio a Dio, e tante volte siamo pieni di noi, e chi è pieno di sé non dà spazio a Dio, ma chi si mantiene umile permette al Signore di compiere grandi cose.” Ella è “umile e alta più che creatura” (come scrive Dante Alighieri nel XXXIII canto del Paradiso). “Le giornate della Piena di grazia non ebbero molto di eclatante. Si susseguirono spesso uguali, nel silenzio: all’esterno, nulla di straordinario. Ma lo sguardo di Dio è sempre rimasto su di lei, ammirato della sua umiltà, della sua disponibilità, della bellezza del suo cuore mai sfiorato dal peccato.” Così Maria ci ricorda che Dio ci chiama “a questo destino di gloria. Non sono belle parole. È la verità. Non è un lieto fine creato ad arte, una pia illusione o una falsa consolazione. No, è la verità è la pura realtà, la realtà viva e vera come la Madonna assunta in Cielo.”
Festeggiamo Maria con “amore di figli gioiosi e umili” e preghiamola di “essere un giorno in Cielo con lei”, ricordandoci che “piccolezza e servizio” sono i segreti che ci fanno raggiungere questa meta.

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