“Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio.” (Gv. 6,68-69)
La risposta di Pietro al maestro fa eco a quella del libro di Giosuè: “noi serviremo il Signore perché egli è il nostro Dio” (Gs, 24,18). L’abbinamento dei due testi biblici (concludendo la lettura di Gv 6 in queste domeniche) ci suggerisce la centralità della questione del pane vivo per il nuovo popolo che il Signore sta formando.
La tavola di Paolo Palmezzano (pittore ed architetto, allievo di Melozzo da Forlì, col quale costituisce il nucleo della scuola forlivese di pittura) conservata nella Pinacoteca civica di Forlì, 1504-06) medita tutto ciò in prospettiva eucaristica. L’opera originariamente era la pala dell’altare maggiore del Duomo forlivese, con una lunetta (ora a Londra) raffigurante una pietà ed una predella (ora perduta) con le storie di S.Elena. Così l’evento della distribuzione del pane e del vino consacrato agli apostoli era visto nel ritmo della passione e dalle immagini evocanti il culto della croce dei cristiani nell’antichità.
L’opera si inserisce in un bellissimo inquadramento architettonico rinascimentale, con un clima intenso, quasi cupo. Gesù ha il volto angosciato (anche pensando a ciò che lo attende) porge l’Ostia consacrata agli apostoli. Dieci sono schierati davanti a Gesù in ginocchio (si nota in prima fila, con la tunica verde, Pietro) ed uno (Giovanni, il discepolo prediletto) gli sta accanto reggendo il calice, mentre Giuda alle spalle del salvatore è rimasto solo al tavolo.
Palmezzano poi inserisce la scena della tentazione (sul fondo) da parte del diavolo ricollegando l’inziale lotta morale di Gesù a questa prova definitiva, alla sofferta decisione di fare in fondo la volontà del Padre.
Ecco il pane degli angeli” che “diviene il pane degli uomini (Panis angelicus fit panis hominum)” (Lauda, Sion).
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