NESSUNO NE PARLA (O QUASI) news quasi sconosciute a cura di Gian Paolo Cassano

Questa volta mi soffermo su due notizie passato sotto silenzio. La prima riguarda le elezioni per il rinnovo del Parlamento nella Macedonia del Nord, che si sono tenute lo scorso 16 luglio.
Hanno vinto i socialdemocratici pro-UE che cercheranno ora di avviare complessi negoziati per poter governare. L’ex primo ministro dell’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM), Zoran Zaev, si è assicurato il 36,13% dei voti, rispetto al 34,65% del VMRO-DPMNE di destra. L’SDSM ha ottenuto 46 seggi nel parlamento composto da 120 membri. I risultati indicano che Zaev ha la base per ottenere il mandato per la sua SDSM di formare un nuovo governo, probabilmente raggiungendo le parti che rappresentano la popolazione etnica albanese del paese, che costituiscono circa un quarto dei 2,1 milioni degli abitanti. Le consultazioni, previste per lo scorso aprile, erano state rinviate a causa della pandemia di Covid-19 e si sono svolte in tre giorni feriali, in modo da garantire l’affluenza e permettendo il voto da casa per chi si trovava in quarantena. Papa Francesco, durante il viaggio apostolico nel Paese lo scorso ottobre, aveva lodato la multiculturalità della Macedonia del Nord e aveva auspicato una maggiore integrazione nell’area dei Balcani occidentali.
La seconda riguardo il conflitto sempre aperto nel Caucaso, con uno scontro armato tra Armenia e Azerbaigian, due Paesi, storicamente divisi sulla regione contesa del Nagorno-Karabach. E’ il momento di tensione più alto tra i due Paesi almeno dal 2016: dalla scorsa domenica, infatti, sono morte almeno 16 persone, tra militari e civili. Storico motivo di tensione tra i due Paesi è la regione del Nagorno-Karabakh, abitata da una popolazione principalmente armena ma situata in territorio azero. Entrambi i Paesi ne hanno rivendicato la sovranità fin dalla fine degli anni’80, in una contesa che è diventata conflitto al momento della caduta dell’Unione Sovietica nel 1991. Una guerra che è costata almeno 30 mila morti ed è terminata nel 1994 con un cessate il fuoco, senza un vero trattato di pace, e con le truppe di Yerevan che ancora pattugliano la parte di territorio azero tra l’Armenia e la regione contesa. Domenica 19 luglio, il Papa all’Angelus, ha rinnovato “l’appello a un cessate-il-fuoco globale e immediato”. In particolare, ha detto di seguire “con preoccupazione il riacuirsi nei giorni scorsi delle tensioni armate nella regione del Caucaso tra Armenia e Azerbaigian” auspicando una soluzione pacifica duratura.

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