LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Mercoledì 16 ottobre, all’udienza generale, il Papa si è concentrato sulla figura di Pietro, riprendendo “il viaggio del Vangelo nel mondo” degli Atti degli Apostoli. E’ Dio che esorta a superare ogni particolarismo per vivere pienamente in fraternità. “Questo è lo scopo: superare i particolarismi ed aprirsi all’universalità della salvezza, perché Dio vuole salvare tutti! Quanti sono rinati dall’acqua e dallo Spirito, i battezzati, sono chiamati a uscire da sé stessi, e aprirsi agli altri, a vivere la prossimità, lo stile del vivere insieme, che trasforma ogni relazione interpersonale in un’esperienza di fraternità.” Ha poi raccontato la “provocazione” divina nei confronti di Pietro, che segna “una svolta decisiva per la sua esistenza”, innescando un cambio di mentalità, della visione avuta da Pietro mentre pregava, della tovaglia discesa dal cielo, con cibi considerati impuri, esortando a non considerare profano ciò che è stato purificato. “Con questo fatto il Signore vuole che Pietro non valuti più gli eventi e le persone secondo le categorie del puro e dell’impuro, ma che impari ad andare oltre, per guardare alla persona e alle intenzioni del suo cuore. Ciò che rende impuro l’uomo, infatti, non viene da fuori ma solo da dentro, dal cuore. E Gesù lo ha detto chiaramente.” Nella successiva visita alla casa del centurione Cornelio, straniero timorato di Dio, non circonciso, Pietro crea scandalo, predicando “Cristo crocifisso e risorto, il perdono dei peccati a chiunque crede in Lui” e battezzando tutti nel nome di Gesù. “Dopo l’incontro con Cornelio, Pietro è più libero da sé stesso e più in comunione con Dio e con gli altri, perché ha visto la volontà di Dio nell’agire dello Spirito Santo” e può spiegare il fatto ai fratelli scandalizzati. Episodi che ci spingono a domandarci se “siamo impedimento per l’incontro con Dio” o di ostacolo ai nostri fratelli nell’andare verso il Padre. Infatti “un evangelizzatore non può essere un impedimento all’opera creativa di Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini siano salvati», ma uno che favorisce l’incontro dei cuori con il Signore.” Da qui l’invito ad essere terreno fertile per la creatività di Dio, di “lasciarci stupire dalle sorprese di Dio, di non ostacolare la sua creatività, ma di riconoscere e favorire le vie sempre nuove attraverso cui il Risorto effonde il suo Spirito nel mondo e attira i cuori facendosi conoscere come il «Signore di tutti».”
Domenica 20 ottobre ha presieduto in San Pietro l’Eucaristia in occasione della Giornata Missionaria mondiale, mettendo in rilievo, nell’omelia, tre parole: “monte”, “salire”, “tutti”. Sul monte siamo chiamati ad avvicinarci a Dio “nel silenzio, nella preghiera, prendendo le distanze dalle chiacchere e dai pettegolezzi che inquinano”, ma anche ad avvicinarci agli altri, essendo il monte il luogo dove inizia la missione e dove si possono vedere le persone da un’altra prospettiva. “Dall’alto gli altri si vedono nell’insieme e si scopre che l’armonia della bellezza è data solo dall’insieme. Il monte ci ricorda che i fratelli e le sorelle non vanno selezionati, ma abbracciati, con lo sguardo e soprattutto con la vita. Il monte lega Dio e i fratelli in un unico abbraccio, quello della preghiera. Il monte ci porta in alto, lontano da tante cose materiali che passano; ci invita a riscoprire l’essenziale, ciò che rimane: Dio e i fratelli.” Poiché, poi, “non siamo infatti nati per stare a terra, per accontentarci di cose piatte, siamo nati per raggiungere le altezze” e per incontrare Dio e i fratelli sul monte è sempre necessario “salire”. Il senso della missione è quindi “salire sul monte a pregare per tutti e scendere dal monte per farsi dono a tutti”. Una parola, “tutti”, che il Signore non si stanca mai di ripetere: “tutti, perché nessuno è escluso dal suo cuore, dalla sua salvezza; tutti, perché il nostro cuore vada oltre le dogane umane, oltre i particolarismi fondati sugli egoismi che non piacciono a Dio. Tutti, perché ciascuno è un tesoro prezioso e il senso della vita è donare agli altri questo tesoro.”
All’Angelus ha ricordato che “i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza la paura, la fraternità vince l’ostilità”. La Giornata missionaria mondiale infatti è “un’occasione propizia affinché ogni battezzato prenda più viva coscienza della necessità di cooperare all’annuncio della Parola, all’annuncio del Regno di Dio mediante un impegno rinnovato”. Francesco ha ricordato la Lettera apostolica Maximum illud del 1919 di Papa Benedetto XV, promulgata “per dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di tutta la Chiesa ”. Oggi quel messaggio “è ancora attuale e stimola a superare la tentazione di ogni chiusura autoreferenziale e ogni forma di pessimismo pastorale, per aprirci alla novità gioiosa del Vangelo”. In un tempo “segnato da una globalizzazione che dovrebbe essere solidale e rispettosa della particolarità dei popoli, e invece soffre ancora della omologazione e dei vecchi conflitti di potere che alimentano guerre e rovinano il pianeta, i credenti sono chiamati a portare ovunque, con nuovo slancio, la buona notizia che in Gesù la misericordia vince il peccato, la speranza vince la paura, la fraternità vince l’ostilità. Cristo è la nostra pace e in Lui ogni divisione è superata, in Lui solo c’è la salvezza di ogni uomo e di ogni popolo.” Per vivere in pienezza la missione c’è una condizione indispensabile: “la preghiera, una preghiera fervorosa e incessante, secondo l’insegnamento di Gesù” che “è il primo sostegno del popolo di Dio per i missionari, ricca di affetto e di gratitudine per il loro difficile compito di annunciare e donare la luce e la grazia del Vangelo a coloro che ancora non l’hanno ricevuta”. Di qui l’invito a pregare “per coloro che vanno lontano per portare la Parola di Dio con la testimonianza”, come il martire don Alfredo Cremonesi, sacerdote missionario del PIME, proclamato beato sabato 19 ottobre a Crema. Ucciso nel 1953, “fu infaticabile apostolo di pace e zelante testimone del Vangelo, sino all’effusione del sangue. Il suo esempio ci spinga ad essere operatori di fraternità e missionari coraggiosi in ogni ambiente; la sua intercessione sostenga quanti faticano oggi per seminare il Vangelo nel mondo”.

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