NESSUNO NE PARLA (O QUASI) news quasi sconosciute a cura di Gian Paolo Cassano

Nel mondo un cristiano ogni sette vive in un Paese dove la persecuzione è una drammatica realtà, per un totale di oltre 300 milioni fedeli che patiscono discriminazioni e persecuzioni. In 38 Paesi del mondo i cristiani e i fedeli di altre confessioni sono discriminati o perseguitati, Lo denuncia il XIV rapporto (che prende in esame il periodo che va da giugno 2016 al giugno 2018) della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) presentato giovedì 22 novembre a Roma all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede.
E’ la Comunità cristiana ad essere quella che subisce, più di tutte le altre, forme di oppressione e intolleranza, anche se sono in aumento però anche le violazioni della libertà religiosa di altre confessioni.
Lo studio di ACS identifica quindi 38 Paesi in cui si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa e 21 di essi sono classificati come luoghi di persecuzione. Sono: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen. Altri 17 invece sono luoghi di discriminazione: Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Federazione Russa, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Tagikistan, Turchia, Ucraina e Vietnam.
La situazione risulta essere peggiorata in 17 dei 38 Stati segnalati. In altri, quali Corea del Nord, Arabia Saudita, Nigeria, Afghanistan ed Eritrea, la situazione è rimasta invariata, perché è così grave da non poter peggiorare. Nel testo si scorgono anche segnali di speranza: un brusco calo delle violenze commesse dal gruppo islamista al-Shabaab ha fatto sì che Tanzania e Kenya, prima classificati come “Paesi di persecuzione”, nel periodo 2016 – 2018 siano rientrati invece nella categoria dei “non classificati”. C’è poi il successo delle campagne militari contro lo Stato Islamico ed altri gruppi iper-estremisti che ha in qualche modo “celato” la diffusione di altri movimenti militanti islamici in regioni dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia.
Tra le cause di persecuzione occorre rilevare il fondamentalismo di matrice islamica, ma è “preoccupante” l’aumento del nazionalismo aggressivo ai danni delle minoranze, e in alcuni casi contro tutte le fedi religiose, che vede nell’India una caso “particolarmente significativo”, dove le minoranze sono ritenute “una minaccia per l’unità del Paese”. Il rapporto ricorda poi che in Cina negli ultimi due anni, il governo ha adottato nuovi provvedimenti per reprimere i gruppi di fede percepiti come resistenti al dominio delle autorità comuniste.
Infine il Rapporto evidenzia anche delle criticità riscontrate in Occidente, con un aumento dell’antisemitismo “un fenomeno spesso legato alla crescita dell’Islam militante” e l’avversione nei confronti delle minoranze islamiche ha registrato un forte aumento.

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