La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Concludendo la catechesi sulle opere di misericordia, il Papa, nell’udienza generale di mercoledì 30 novembre si fermato a riflettere su “pregare per i vivi e per i defunti” e “seppellire i morti”. Ora le catechesi finiscono “ma la misericordia deve continuare” e “dobbiamo esercitarla in questi 14 modi”.
Pregare per i vivi e per i defunti rimanda alla comunione dei Santi: “tutti, vivi e defunti, siamo nella comunione”. Per questo preghiamo gli uni per gli altri. “Penso in modo particolare alle mamme e ai papà che benedicono i loro figli al mattino e alla sera. Ancora c’è questa abitudine in alcune famiglie: benedire il figlio è una preghiera; penso alla preghiera per le persone malate, quando andiamo a trovarli e preghiamo per loro; all’intercessione silenziosa, a volte con le lacrime, in tante situazioni difficili per cui pregare”. Quindi il Papa ha raccontato dell’incontro, martedì 29, alla Messa mattutina a Casa Santa Marta, con un giovane imprenditore, che avrebbe dovuto chiudere la sua fabbrica perché non ce la faceva, lasciando senza lavoro più di 50 famiglie. ”Potrei dichiarare il fallimento d’impresa” e “me ne vado a casa con i miei soldi, ma il mio cuore piangerà tutta la vita per queste 50 famiglie”, diceva fra le lacrime quell’uomo. “Ecco un bravo cristiano che prega con le opere: è venuto a Messa a pregare perché il Signore gli dia una via di uscita, non solo per lui, ma per le 50 famiglie. Questo è un uomo che sa pregare, col cuore e con i fatti, sa pregare per il prossimo.” Pregare per gli altri significa anche ringraziare il Signore per le belle notizie che riguardano parenti, colleghi, amici, cioè ringraziare quando le cose vanno bene. E’ lo Spirito Santo a pregare dentro di noi per chiedere sempre “che si faccia la volontà di Dio”, che è “il bene di un Padre che non ci abbandona mai”. Allora “pregare è lasciare che lo Spirito Santo preghi in noi.”
Pregare per i defunti è poi un segno di riconoscenza “per la testimonianza che ci hanno lasciato”. Si prega con la speranza cristiana che siano con Dio in paradiso, “nell’attesa di ritrovarci insieme in quel mistero d’amore che non comprendiamo, ma che sappiamo essere vero perché è una promessa che Gesù ha fatto”.
C’è poi l’ultima opera di misericordia corporale, che esorta a seppellire i morti. Può sembrare una richiesta strana ma, in alcune zone del mondo che vivono sotto il flagello della guerra, “questa opera di misericordia è tristemente attuale”. Basti pensare al personaggio biblico di Tobi che seppelliva i morti a rischio della propria vita, nonostante il divieto del re: “anche oggi c’è chi rischia la vita per dare sepoltura alle povere vittime delle guerre. Dunque, questa opera di misericordia corporale non è lontana dalla nostra esistenza quotidiana”. Così “per i cristiani la sepoltura è un atto di pietà, ma anche un atto di grande fede”. Un atto che rimane molto “sentito nel nostro popolo”: si depone nella tomba il corpo dei propri cari con la speranza della loro risurrezione.
Che “le opere di misericordia corporale e spirituale diventino sempre più lo stile della nostra vita”.
Domenica 4 dicembre, all’Angelus, Francesco ha ricordato che il regno dei Cieli inizia già qui, sulla terra, se ci convertiamo, cioè se abbandoniamo il nostro egoismo per aprirci a Dio. Nell’annuncio del Regno di Dio che risuona nella predicazione di Giovanni Battista c’è “il messaggio centrale di ogni missione cristiana” che non è un’opera di proselitismo, ma è semplicemente un “gioioso annuncio”. Ora quando parliamo di regno dei cieli pensiamo subito alla vita eterna: “certo, questo è vero, il regno di Dio si estenderà senza fine oltre la vita terrena, ma la bella notizia che Gesù ci porta, e che Giovanni anticipa, è che il regno di Dio non dobbiamo attenderlo nel futuro: si è avvicinato, in qualche modo è già presente e possiamo sperimentarne fin da ora la potenza spirituale (…) Dio viene a stabilire la sua signoria nella nostra storia, nell’oggi di ogni giorno, nella nostra vita; e là dove essa viene accolta con fede e umiltà germogliano l’amore, la gioia e la pace”.
La condizione per entrare a far parte di questo regno “è compiere un cambiamento nella nostra vita, cioè convertirci ogni giorno, un passo avanti ogni giorno”. Occorre “lasciare le strade, comode ma fuorvianti, degli idoli di questo mondo: il successo a tutti i costi, il potere a scapito dei più deboli, la sete di ricchezze, il piacere a qualsiasi prezzo. E di aprire invece la strada al Signore che viene: Egli non toglie la nostra libertà, ma ci dona la vera felicità. Con la nascita di Gesù a Betlemme, è Dio stesso che prende dimora in mezzo a noi per liberarci dall’egoismo, dal peccato, dalla corruzione e da questi atteggiamenti che sono del diavolo”.
Di qui l’invito del Battista a raddrizzare i sentieri del Signore: “noi prepariamo la via del Signore e raddrizziamo i suoi sentieri, quando esaminiamo la nostra coscienza, quando scrutiamo i nostri atteggiamenti, per cacciare via questi atteggiamenti peccaminosi che ho menzionato (…) Ci aiuti la Vergine Maria a prepararci all’incontro con questo Amore-sempre-più-grande, che è quello che porta Gesù e che nella notte di Natale si è fatto piccolo piccolo, piccolo, come un seme caduto nella terra. E Gesù è questo seme: il seme del Regno di Dio”.
Gian Paolo Cassano

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