La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

L’ultima udienza generale del Giubileo, mercoledì 16 novembre è stata dedicata all’opera di misericordia che invita a “sopportare pazientemente le persone moleste”.
Nella Bibbia Dio stesso ha usato misericordia per sopportare le lamentele del suo popolo, insegnandogli questa dimensione essenziale della fede. Prima di tutto quindi bisogna riconoscersi peccatori per poter avere pazienza con gli altri. Di qui la domanda: “facciamo mai l’esame di coscienza per vedere se anche noi, a volte, possiamo risultare molesti agli altri? È facile puntare il dito contro i difetti e le mancanze altrui, ma dobbiamo imparare a metterci nei panni degli altri”.
Anche Gesù ha dovuto avere pazienza molte volte. Il Papa ha invitato quindi ad “andare all’essenziale”. Da qualcosa di negativo, scaturisce un messaggio positivo: “pensiamo al grande impegno che si può mettere quando aiutiamo le persone a crescere nella fede e nella vita. Penso, ad esempio, ai catechisti – tra i quali ci sono tante mamme e tante religiose – che dedicano tempo per insegnare ai ragazzi gli elementi basilari della fede. Quanta fatica, soprattutto quando i ragazzi preferirebbero giocare piuttosto che ascoltare il catechismo!”.
Ciò è importante, perché ci fa “gustare il senso della vita”: a volte ci sono persone che si soffermano su cose effimere perché non hanno incontrato qualcuno che le stimolasse a cercare “i veri tesori”. Allora “insegnare a guardare all’essenziale è un aiuto determinante, specialmente in un tempo come il nostro che sembra aver perso l’orientamento e inseguire soddisfazioni di corto respiro. Insegnare a scoprire che cosa il Signore vuole da noi e come possiamo corrispondervi significa mettere sulla strada per crescere nella propria vocazione, la strada della vera gioia”.
Gesù insegna a non cadere nelle tentazioni sempre in agguato “anche tra noi cristiani”, come invidia e ambizione: il consigliare non è per sentirsi superiori ma “ci obbliga a rientrare in noi stessi per verificare se siamo coerenti con quanto chiediamo agli altri”.
Domenica 22 novembre, il Papa ha chiuso il Giubileo, con la Porta Santa della Basilica di San Pietro, invitando i fedeli, nell’omelia, a non distogliere lo sguardo dal vero volto del nostro Re e a costruire una Chiesa accogliente, libera, missionaria, povera ma ricca nell’amore. Gesù Cristo Re dell’Universo appare senza potere e senza gloria: è sulla croce, dove sembra più un vinto che un vincitore: “la sua regalità è paradossale: il suo trono è la croce; la sua corona è di spine; non ha uno scettro, ma gli viene posta una canna in mano; non porta abiti sontuosi, ma è privato della tunica; non ha anelli luccicanti alle dita, ma le mani trafitte dai chiodi; non possiede un tesoro, ma viene venduto per trenta monete”. Cristo si è abbassato fino a noi, ha abitato la nostra miseria umana, per abbracciare e salvare ogni vivente: “non ci ha condannati, non ci ha nemmeno conquistati, non ha mai violato la nostra libertà, ma si è fatto strada con l’amore umile che tutto scusa, tutto spera, tutto sopporta. Solo questo amore ha vinto e continua a vincere i nostri grandi avversari: il peccato, la morte, la paura.” Occorre allora farlo diventare Signore della nostra vita, accogliendo anche il suo modo di regnare. Il Papa si sofferma sulle tre figure del Vangelo della passione (Lc. 23): il popolo, il gruppo vicino alla Croce e un malfattore crocifisso accanto a Gesù.
Come il popolo del Vangelo che stava a guardare, “anche noi possiamo avere la tentazione di prendere le distanze dalla regalità di Gesù, di non accettare fino in fondo lo scandalo del suo amore umile, che inquieta il nostro io, che scomoda.” Nel gruppo vicino alla croce tutti deridono Gesù e lo provocano: Gesù non reagisce, continua ad amare. “La forza di attrazione del potere e del successo è sembrata una via facile e rapida per diffondere il Vangelo, dimenticando in fretta come opera il Regno di Dio. Quest’Anno della Misericordia ci ha invitato a riscoprire il centro, a ritornare all’essenziale. Questo tempo di misericordia ci chiama a guardare al vero volto del nostro Re, quello che risplende nella Pasqua, e a riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è accogliente, libera, fedele, povera nei mezzi e ricca nell’amore, missionaria.” Infine, la figura del malfattore che ottiene la promessa: “oggi con me sarai nel paradiso”. Infatti “Dio, appena gliene diamo la possibilità, si ricorda di noi. Egli è pronto a cancellare completamente e per sempre il peccato, perché la sua memoria non registra il male fatto e non tiene sempre conto dei torti subiti, come la nostra. Dio non ha memoria del peccato, ma di noi, di ciascuno di noi, suoi figli amati. E crede che è sempre possibile ricominciare, rialzarsi.”
Proprio per continuare a vivere con la stessa intensità dell’Anno Santo la misericordia, Papa Francesco ha voluto scrivere la Lettera Apostolica “Misericordia et misera”. In essa quattro sono le principali novità: tutti i sacerdoti avranno d’ora in poi la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto, i Missionari della Misericordia proseguiranno il loro ministero,  i fedeli che frequentano la Fraternita San Pio X potranno continuare a ricevere validamente l’assoluzione sacramentale e, infine, l’istituzione della Giornata mondiale dei poveri.
All’Angelus, Papa Francesco ha ringraziato quanti si sono impegnati per la buona riuscita del Giubileo della Misericordia e ha ricordato la Beatificazione ad Avignone del padre Maria Eugenio del Bambino Gesù (fondatore dell’Istituto secolare “Nostra Signora della Vita”, uomo di Dio, “attento ai bisogni spirituali e materiali del prossimo”), affidando tutti i fedeli alla Vergine Maria affinché aiuti a far fruttificare i doni spirituali del Giubileo della Misericordia.
Gian Paolo Cassano

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