La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Sono felice quando “vedo i governanti che aprono il cuore e aprono le porte”. All’udienza di mercoledì 16 marzo Francesco ha parlato dei milioni di migranti in cerca di una nuova patria, affermando che “Dio non è assente” neppure “oggi in queste drammatiche situazioni”. In mezzo al fango di tendopoli in forma di “giungla”, di bivacchi infiniti, o di rotte marittime e balcaniche, aperte a forza di gambe da carovane di disperati e chiuse da muri di reticolati, forse non c’è niente che spieghi meglio la parola “felicità” del sorriso stampato sul viso di quegli immigrati ai quali qualcuno ha detto: vieni, puoi stare qui, non ti cacciamo via. Negli sfollati di oggi il Papa ha rivisto i deportati di Israele di cui parla la Bibbia, rileggendo il profeta Geremia e la realtà di tanti nostri fratelli che “stanno vivendo in questo tempo una reale e drammatica situazione di esilio, lontani dalla loro patria, con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care! In questi casi uno può chiedersi: dov’è Dio?” Dov’è la solidarietà, il senso dell’accoglienza verso lo straniero che da millenni esprime il grado di civiltà di un popolo? “Com’è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne, bambini innocenti?” E “quando cercano di entrare in qualche altra parte gli chiudono la porta. E sono lì, al confine perché tante porte e tanti cuori sono chiusi. I migranti di oggi che soffrono il freddo, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza…” Da Geremia, il Papa ha indicato la certezza che rivolge a chi anche oggi sogna una terra promessa e una nuova speranza. Quella certezza che sostenne l’Albania e la aiutò a rialzarsi “dopo tanta persecuzione e distruzione”. Sono parole di consolazione e di speranza: “Dio non è assente neppure oggi in queste drammatiche situazioni, Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui. Non si deve cedere alla disperazione, ma continuare ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura”.
Domenica 20 marzo, all’omelia della Messa per la Domenica delle Palme e Giornata mondiale della gioventù, ha affermato che Gesù fu a suo tempo vittima “dell’indifferenza” che oggi colpisce gli emarginati e profughi nel mondo, quella di coloro “che non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino”. Occorre guardare a Lui, che ha assunto la condizione di uomo (Lui che era Dio), una vita da servo (Lui che era Re). È il “mistero dell’annientamento”; il Figlio di Dio che “svuotò sé stesso” per farsi “Figlio dell’uomo” ed il “senza peccato”, in “tutto solidale con noi peccatori”, sceglie di lavare i piedi ai discepoli. Gesto da schiavo ma segno di quell’amore “sino alla fine”: così “ci ha mostrato con l’esempio che noi abbiamo bisogno di essere raggiunti dal suo amore, che si china su di noi; non possiamo farne a meno, non possiamo amare senza farci prima amare da Lui, senza sperimentare la sua sorprendente tenerezza e senza accettare che l’amore vero consiste nel servizio concreto”. Ma “Gesù prova sulla sua pelle anche l’indifferenza” e “sperimenta il misterioso abbandono del Padre”, al quale però Lui stesso si abbandona con fiducia totale, senza mai smettere di amare né chi gli è vicino, né chi lo ha messo a morte: “Gesù (…) all’apice dell’annientamento, rivela il volto vero di Dio, che è misericordia. Perdona i suoi crocifissori, apre le porte del paradiso al ladrone pentito e tocca il cuore del centurione. Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’Amore che lo ha attraversato, giungendo fino al sepolcro e agli inferi, assumendo tutto il nostro dolore per redimerlo, portando luce nelle tenebre, vita nella morte, amore nell’odio”. Ma noi “siamo chiamati a scegliere la sua via: la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé. Possiamo incamminarci su questa via soffermandoci in questi giorni a guardare il Crocifisso, è la ‘cattedra di Dio’.” E’ l’invito “a guardare spesso questa ‘cattedra di Dio’ per imparare l’amore umile, che salva e dà la vita, per rinunciare all’egoismo, alla ricerca del potere e della fama”.  All’Angelus poi ha invitato i giovani al raduno mondiale a Cracovia a fine luglio: “spero che potrete venire numerosi a Cracovia, patria di San Giovanni Paolo II, iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù. Alla sua intercessione affidiamo gli ultimi mesi di preparazione di questo pellegrinaggio che, nel quadro dell’Anno Santo della Misericordia, sarà il Giubileo dei giovani a livello della Chiesa universale”. 
Gian Paolo Cassano

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