La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Niente porte blindate nella Chiesa, perché la porta della misericordia di Dio “è sempre aperta”. E’ questo il forte e chiaro invito del Papa all’udienza generale mercoledì 18 novembre, esortando i fedeli a varcare quella porta, alla vigilia del Giubileo, secondo gli incoraggiamenti del Sinodo dei Vescovi appena celebrato. Infatti, di fronte ai suoi figli e alle sue figlie “in cammino”, a volte “incerti”, a volte “smarriti”, ancor di più “in questi tempi difficili” la Chiesa è chiamata “ad aprire le sue porte”. Ora ci sono “ancora” posti nel mondo in cui “non si chiudono le porte a chiave”; ma ce ne sono “tanti” dove le porte blindate sono diventate “normali”. Noi “non dobbiamo arrenderci all’idea di dover applicare questo sistema, che anche è di sicurezza, a tutta la nostra vita, alla vita della famiglia, della città, della società. E tanto meno alla vita della Chiesa. Sarebbe terribile! Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto!”.
Occorre approfittare dell’occasione dell’Anno Santo per varcare “la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di aspettarci”: perché davanti a noi sta la porta santa, ma anche quella “grande” della misericordia di Dio. L’invito è dunque a entrare, con coraggio, “per questa porta”, perché “sia anche la porta del nostro cuore per ricevere tutti, sia il perdono di Dio o dare il nostro perdono, accogliendo tutti quelli che bussano alla nostra porta”.
Al contempo l’esortazione è a “uscire con il Signore”, perché “se la porta della misericordia di Dio è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese, dell’amore delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio. Il Giubileo significa la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore – o tante volte uscire il Signore – prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e tante cose”. Il Signore chiede sempre “permesso”, non forza la porta. Così oggi “la gestione simbolica delle ‘porte’ – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma non respingere. La porta non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione”. La porta va aperta “frequentemente”, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta e magari non ha né il “coraggio”, né la “forza” di bussare: “quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte delle nostre chiese… E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia: per favore, che questo non accada mai”. Il Pontefice poi ha ricordato che Gesù “è la Porta di Dio”; è Lui che “ci fa entrare e uscire”, perché “sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: (…) Noi dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi”. Ed è sempre il Signore, buon Pastore, che con la sua “voce” conduce le “pecore”, anche quelle che erano “sperdute nei boschi”, fino al guardiano, che ha il compito di aprire le porte ed obbedire “alla voce del Pastore. Ecco, potremmo ben dire che noi dobbiamo essere come quel guardiano. La Chiesa è la portinaia della casa del Signore, la Chiesa è la portinaia, non è la padrona della casa del Signore”, in modo che la Chiesa sia riconosciuta “in ogni angolo della terra” come la custode di un Dio accogliente “che non ti chiude la porta in faccia”.
Domenica 22 novembre, all’Angelus, di fronte ad un mondo lacerato e ferito, Francesco ha invocato Maria, chiedendo a tutti gli uomini di buona volontà di non rassegnarsi alla violenza: “di fronte alle tante lacerazioni nel mondo e alle troppe ferite nella carne degli uomini, chiediamo alla Vergine Maria di sostenerci nel nostro impegno di imitare Gesù, nostro re, rendendo presente il suo regno con gesti di tenerezza, di comprensione e di misericordia”. 
Nella solennità di Cristo Re dell’Universo, il Pontefice ha esortato i cristiani a rifiutare la logica mondana e a seguire la logica evangelica che si esprime “nell’umiltà e nella gratuità, si afferma silenziosamente ma efficacemente con la forza della verità. I regni di questo mondo a volte si reggono su prepotenze, rivalità, oppressioni; il regno di Cristo è un ‘regno di giustizia, di amore e di pace’”. Gesù “si è rivelato re nell’evento della Croce! Chi guarda la Croce di Cristo non può non vedere la sorprendente gratuità dell’amore”. Quello che sembra un fallimento è in realtà il fallimento “del peccato”, delle “ambizioni umane”. Questo “è il trionfo della Croce”. Per questo “parlare di potenza e di forza, per il cristiano, significa fare riferimento alla potenza della Croce e alla forza dell’amore di Gesù: un amore che rimane saldo e integro, anche di fronte al rifiuto, e che appare come il compimento di una vita spesa nella totale offerta di sé in favore dell’umanità”.
E questa è “la forza del regno di Cristo: è l’amore. Per questo la regalità di Gesù non ci opprime, ma ci libera dalle nostre debolezze e miserie, incoraggiandoci a percorrere le strade del bene, della riconciliazione e del perdono”, come capisce il “Buon Ladrone” sulla croce, accanto a Gesù.
Quindi un pensiero al viaggio apostolico in Africa, che inizia mercoledì 25 novembre, e che il Papa ha definito “un segno d’amore” e alla Beatificazione a Barcellona di Federico da Berga e venticinque compagni martiri, uccisi in Spagna “durante la feroce persecuzione contro la Chiesa nel secolo scorso”. Alla loro intercessione, il Papa ha affidato “i tanti nostri fratelli e sorelle che purtroppo ancora oggi, in diverse parti del mondo, sono perseguitati a causa della fede in Cristo”.
Gian Paolo Cassano

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