La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Il mondo è sempre terra di divisioni e guerre, senza la fraternità. All’udienza generale, nel mercoledì delle ceneri lo scorso 18 febbraio il Papa ha continuato la sua catechesi sulla famiglia ed ha lanciato un accorato appello per la pace in Medio Oriente e Nord Africa, ricordando nuovamente il sacrificio dei 21 giovani copti egiziani uccisi in Libia (“per il solo fatto di essere cristiani”) dai jihadisti del sedicente Stato Islamico e perché “possa la Comunità internazionale trovare soluzioni pacifiche alla difficile situazione.”
Richiamandosi al testo biblico di Caino ad Abele, ha ricordato che l’amore tra fratelli, come l’odio, sono sentimenti che convivono in parallelo dall’inizio del tempo, tali da rendere il mondo una famiglia e una famiglia un’oasi di serenità, oppure un deserto di guerre e muri. Ora, per il cristianesimo “la fratellanza è bella” ed è intesa “ben oltre i legami di parentela”: così “premura (…), pazienza (…), affetto”, per esempio quella con cui si circonda in famiglia “un fratellino o una sorellina più deboli”, magari portatori di handicap: ecco il faro che fa risplendere il valore della fraternità. “Il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace. In famiglia, fra i fratelli si impara la convivenza umana, come si deve convivere in società. Forse non sempre ne siamo consapevoli, ma è proprio la famiglia che introduce la fraternità nel mondo!” Francesco ha riflettuto sul vincolo della fraternità capace di scavalcare le barriere della lingua, della cultura, della religione: “la storia ha mostrato a sufficienza, del resto, che anche la libertà e l’uguaglianza, senza la fraternità, possono riempirsi di individualismo e di conformismo, anche di interesse”.
Per questo “oggi più che mai è necessario riportare la fraternità al centro della nostra società tecnocratica e burocratica”. E’ il balsamo della “fraternità cristiana”, quella che sa voler bene allo sconosciuto come a suo fratello, soprattutto se lo sconosciuto è povero e invisibile: “i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno ‘diritto’ di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli. Quando questo accade, quando i poveri sono come di casa, la nostra stessa fraternità cristiana riprende vita. I cristiani, infatti, vanno incontro ai poveri e deboli non per obbedire ad un programma ideologico, ma perché la parola e l’esempio del Signore ci dicono che sono nostri tutti siamo fratelli”.
All’Angelus domenica 22 febbraio, ha parlato della Quaresima è un tempo di lotta contro le insidie del demonio e da questa lotta scaturisce la conversione dei cuori. Per questo tutti i presenti hanno ricevuto un piccolo sussidio per la riflessione personale quaresimale.
Gesù, tentato nel deserto “affrontò Satana ‘corpo a corpo, smascherò le sue tentazioni e lo vinse. E in Lui abbiamo vinto tutti; ma a noi tocca proteggere nel nostro quotidiano questa vittoria. La Chiesa ci fa ricordare tale mistero all’inizio della Quaresima, perché esso ci dà la prospettiva e il senso di questo tempo, che è un tempo di combattimento (…) spirituale contro lo spirito del male”.
Nel deserto si sente “la voce di Dio” ma anche “la voce del tentatore”. Qui “possiamo scendere in profondità, dove si gioca veramente il nostro destino, la vita o la morte”. Ora possiamo sentire la voce di Dio “nella sua Parola. Per questo è importante conoscere le Scritture, perché altrimenti non sappiamo rispondere alle insidie del maligno. E qui vorrei ritornare sul mio consiglio di leggere ogni giorno il Vangelo. Ogni giorno leggere il Vangelo, meditarlo, un pochettino, dieci minuti (…) Il deserto quaresimale ci aiuta a dire no alla mondanità, agli ‘idoli’, ci aiuta a fare scelte coraggiose conformi al Vangelo e a rafforzare la solidarietà con i fratelli”.
Gian Paolo Cassano

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