La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Due Papi Santi, due Papi concelebranti. Basta questo ad evidenziare la straordinarietà dell’evento della canonizzazione domenica 27 aprile di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, con una moltitudine di fedeli (oltre 800.000, senza contare quelli che non sono potuti entrare) in Piazza San Pietro, in via della Conciliazione, nelle zone adiacenti fin oltre Castel S. Angelo.
Nell’omelia, Francesco ha sottolineato che sono proprio i “santi che fanno crescere la Chiesa” e che i due nuovi Santi non hanno avuto paura di chinarsi sulle piaghe di Gesù, quelle ferite che sono “il segno permanente dell’amore di Dio per noi”.
Santi! “… Beatos Ioannem XXIII et Ioannem Paulum II Sanctos esse decernimus et definimus, ac Sanctorum Catalogo adscribimus… (Dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell’Albo dei Santi)”; ecco la formula di Canonizzazione.
“San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia”. Essi “sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti”: infatti “più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria”.
In essi “dimorava una speranza viva, insieme con una gioia indicibile e gloriosa”, frutto di quella speranza e gioia “che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino alla nausea per l’amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza”.
Bisogna ricordarsi “che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio Giovanni XXIII ha dimostrato una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la Chiesa un pastore, una guida-guidata. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa; per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito Santo”.
E “San Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia”; è bello sottolinearlo “mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene”.
Al Regina Coeli, poi in questa “festa della fede ”il Papa ha salutato tutti presenti, della delegazioni ufficiali, ai pellegrini giunti da tutto i mondo e specialmente dalle “diocesi di Bergamo e di Cracovia! Carissimi, onorate la memoria dei due santi Papi seguendo fedelmente i loro insegnamenti”.
Mercoledì 23 aprile, all’Udienza generale il Pontefice si è fermato a riflettere sul tema della Risurrezione, domandandosi: “’perché stai cercando tra i morti colui che è vivo?’. Quante volte noi cerchiamo la vita fra le cose morte, fra le cose che non possono dare vita, fra le cose che oggi sono e domani non saranno più, le cose che passano… Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Infatti “non è scontato accettare la vita del Risorto”; c’è una cecità che impedisce di vedere “Gesù vivo” che è la chiusura “in una qualsiasi forma di egoismo o di autocompiacimento”, il lasciarsi “sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo dimenticando Dio e il prossimo”, il riporre le “speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo”.Così di nuovo ha riproposto la domanda ai fedeli: “‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo?’. Perché stai cercando lì? Quello non ti può dare vita! Sì! Forse ti darà un’allegria di un minuto, di un giorno, di una settimana, di un mese… E poi? ‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo?’. Eh, questa frase deve entrare nel cuore”.E’ una domanda che “ci fa superare la tentazione di guardare indietro, a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro. Gesù non è nel sepolcro, è il Risorto!, Lui è il Vivente, Colui che sempre rinnova il suo corpo che è la Chiesa e lo fa camminare attirandolo verso di Lui. ‘Ieri’ è la tomba di Gesù e la tomba della Chiesa, il sepolcro della verità e della giustizia; ‘oggi’ è la risurrezione perenne verso la quale ci sospinge lo Spirito Santo, donandoci la piena libertà”. Ha infine ricordato la beatificazione (sabato 26 aprile ad Alba) di padre Giuseppe Girotti, il religioso domenicano, ucciso in odium fidei nel lager nazista di Dachau: “la sua eroica testimonianza cristiana e il suo martirio, possano suscitare in molti il desiderio di aderire sempre più a Gesù e al Vangelo”.
Gian Paolo Cassano

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