La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Papa Francesco è stato pellegrino nella terra di san Francesco, ad Assisi venerdì 4 ottobre, accolto da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, dalle autorità e da una folla straripante di fedeli. Qui il Pontefice ha pregato il Poverello di Assisi : “insegnaci a rivestirci di Cristo, ad essere strumenti di pace e ottienici da Dio l’armonia nel mondo”.
Celebrando la S. Messa sul piazzale della Basilica si è interrogato sulla testimonianza per oggi della vita di san Francesco, affermando che “essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui”. E’ così di “chi si lascia guardare da Gesù crocifisso.” Egli “viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo»”.
Ma Francesco (è la sua seconda testimonianza per l’oggi) è anche colui che ha accolto e vissuto la pace, quella che “solo Cristo e non il mondo, ci può dare”. Bisogna capire che “la pace francescana non è un sentimento sdolcinato … E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di San Francesco è quella di Cristo, e la trova chi ‘prende su di sé’ il suo ‘giogo’, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore”.
Poi (ecco la terza testimonianza francescana di attualità) è quella di un mondo in cui ci sia armonia. “Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da San Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo”. Il Papa non dimentica l’Italia (era presente il presiedente del consiglio on. Enrico Letta) di cui S. Francesco è patrono, con la consegna e la benedizione dell’Olio offerto dall’Umbria per alimentare la lampada votiva sulla Tomba del Santo.
Ma il viaggio del Pontefice è stato ricco di incontri, in primi con i bambini ed i disabili. Con loro ha parlato a braccio: “qui è Gesù nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone. Sull’altare adoriamo la Carne di Gesù, in loro troviamo le piaghe di Gesù. Gesù nascosto nell’Eucaristia e Gesù nascosto in queste piaghe… Hanno bisogno di essere ascoltate. Forse, non tanto sui giornali, come notizie… Quello è un ascolto che dura uno, due, tre giorni, poi viene un altro, un altro… Devono essere ascoltati da quelli che si dicono cristiani”.
Ha poi visto i poveri assistiti dalla Caritas, ai quali ha ribadito come “triste trovare un cristiano mondano.” “E’ proprio ridicolo che un cristiano, un cristiano vero, che un prete, che una suora, che un vescovo, che un cardinale, che un Papa vogliano andare sulla strada di questa mondanità, che è un atteggiamento omicida. La mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa!” Nelle Sala della Spogliazione di Francesco ha affermato come questa sia “una buona occasione per fare un invito alla Chiesa a spogliarsi”. Poiché “dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa”, allora “tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha fatto una strada di spogliazione, lui stesso” diventando “servo, servitore”, volendo “essere umiliato, fino alla Croce”. Quindi “se noi vogliamo essere cristiani non c’è un’altra strada”. “Di che cosa deve spogliarsi la Chiesa” se non “di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. E’ un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte !”
Incontrando poi il clero e le persone di vita consacrata, il Papa consegna a tutti i presenti tre aspetti chiave per la vita comunitaria. Il primo è ascoltare la Parola di Dio che, dice, “suscita la fede, la nutre, la rigenera”, per essere “meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle Sue Parole”. Questo riguarda i sacerdoti, i genitori e i catechisti: “non basta leggere le S. Scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse, bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono! Si riceve e si trasmette. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità”.
Il secondo aspetto che il Papa spiega è il “camminare”, richiamando il Sinodo che si sta tenendo nella Chiesa di Assisi.: “la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri perdonando … Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti, senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli altri, si cresce nell’essere famiglia”.
Infine, il terzo aspetto importante per la comunità è annunciare Cristo fino alle periferie: “…non abbiate paura di uscire e andare incontro a queste persone, a queste situazioni. Non lasciatevi bloccare da pregiudizi, da abitudini, rigidità mentali o pastorali, dal ‘si è sempre fatto così!’. Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è il Signore che lo salva!”.
Ai giovani, infine, consegna un messaggio di speranza e di pace, non avendo paura, in una società che privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia, a fare scelte definitive, come il matrimonio: “approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre”. Infatti “due cristiani che si sposano hanno riconosciuto nella loro storia d’amore la chiamata del Signore a formare di due, maschio e femmina, una sola carne, una sola vita. E il Sacramento del matrimonio avvolge questo amore con la grazia di Dio, lo radica in Dio stesso”. Viviamo in una “cultura del provvisorio”, ma “Gesù non ci ha salvato provvisoriamente: ci ha salvati definitivamente!”
Il Papa parla poi di un’altra vocazione complementare a quella del matrimonio: la chiamata al celibato e alla verginità, “la vocazione che Gesù stesso ha vissuto”. All’origine di essa c’è “un’esperienza forte di Dio che non possiamo programmare”. E’ Dio che chiama; di qui l’invito ai giovani ad ascoltarlo, a coltivare con Lui un rapporto familiare, quotidiano attraverso i Sacramenti, in silenzio davanti al Tabernacolo, che non riguarda solo una parte di noi stessi: “coinvolge tutta la persona, affetto, intelletto, sensi”. Con forza ha affermato come “la verginità per il Regno di Dio non è un ‘no’, è un ‘sì’! Certo, comporta la rinuncia a un legame coniugale e una propria famiglia, ma alla base c’è il ‘sì’, come risposta al ‘sì’ totale di Cristo verso di noi, e questo ‘sì’ rende fecondi”.
Infine il Pontefice tocca i temi dell’impegno sociale e dell’evangelizzazione con un incoraggiamento: “andate con coraggio! Con il Vangelo nel cuore e tra le mani, siate testimoni della fede con la vostra vita: portate Cristo nelle vostre case, annunciatelo tra i vostri amici, accoglietelo e servitelo nei poveri. Giovani, date all’Umbria un messaggio di vita, di pace e di speranza! Potete farlo!”
Gian Paolo Cassano

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