La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano

Dopo il Messico, Cuba; un altro viaggio apostolico (dal 26 al 28 marzo) dalla storica portata, che si è concluso con l’incontro tra il Papa e Fidel Castro e con la decisione (accogliendo la proposta di Benedetto XVI) di istituire come giorno festivo il venerdì santo. L’incontro con Castro ha riguardato la Chiesa, nonché “la situazione dell’umanità oggi – ha detto P. Federico Lombardi alla Radio Vaticana – le sue sfide, le difficoltà che la scienza ha di dare le risposte che l’umanità attende, i problemi del dialogo interreligioso… Ecco, quali sono quindi le vie attraverso cui l’uomo può trovare soluzioni alle sue grandi domande.”
Arrivando nell’isola lunedì 26 marzo non ha mancato di esortare i cubani a dare nuovo vigore alla loro fede e con le armi della pace, del perdono e della comprensione, costruire una società aperta e rinnovata, ricordando che “quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo.” Un’adesione al mistero divino che si basa “sul consenso libero di una sua creatura”, non solo rispettando “la libertà umana, ma sembra averne bisogno”. Benedetto XVI celebrando nella piazza Antonio Maceo di Santiago di Cuba, sotto la pioggia si è rivolto ai cattolici cubani (erano oltre 200.000 i fedeli presenti), invitandoli a seguire Gesù sulla via della croce “senza timori né complessi”, accettando “con pazienza e fede qualsiasi contrarietà o afflizione, con la convinzione che, nella sua risurrezione, Egli ha sconfitto il potere del male che tutto oscura e ha fatto germogliare un mondo nuovo, il mondo di Dio, quello della luce, della verità e della gioia”. Già al suo arrivo all’aeroporto aveva ricordato lo storico viaggio di Giovanni Paolo II, che fu come “una brezza soave di aria fresca che diede nuovo vigore alla Chiesa in Cuba, destando in molti una rinnovata coscienza dell’importanza della fede”, inaugurando una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano. Anche oggi Benedetto XVI ha voluto confermare i fratelli nella fede, “incoraggiarli nella speranza”, convinto “che Cuba, in questo momento così importante della sua storia, sta guardando già al domani, e per questo si sforza di rinnovare e ampliare i suoi orizzonti”.
Incontrando martedì 27 marzo il presidente cubano Raul Castro il Papa ha affrontato i temi della condizione del popolo cubano, “comprese tematiche di carattere umanitario”, e sulle attese della Chiesa al servizio del bene comune. Prima di lasciare Santiago, il Pontefice si è raccolto in preghiera nel Santuario del Cobre, luogo simbolo del cattolicesimo cubano, affidando il futuro del Paese alla Vergine perché “avanzi nel cammino di rinnovamento e di speranza”, pregando “anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono gravi momenti di difficoltà”, per “i giovani, affinché siano autentici amici di Cristo e non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé.”
Mercoledì 28 marzo ha celebrato nella Piazza della Rivoluzione all’Avana, di fronte a 300.000 persone (tra cui Raúl Castro), mettendo l’accento sul legame tra la libertà e la verità e ribadendo che la Chiesa non chiede alcun privilegio, ma “solo di essere fedele al mandato” di Cristo. La Chiesa “vive per rendere partecipi gli altri dell’unica cosa che possiede … Cristo stesso”: per questo “deve contare sull’essenziale libertà religiosa, che consiste nel poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di amore, di riconciliazione e di pace che Gesù portò al mondo”.
Se, al riguardo passi sono stati fatti, “tuttavia è necessario proseguire … in questo cammino di genuino servizio al bene comune di tutta la società cubana”.
Infatti “il diritto alla libertà religiosa, sia nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l’unità della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente” e legittima il contributo dei credenti “all’edificazione della società”. Il suo rafforzamento “consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo migliore, crea condizioni propizie per la pace” e “stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti delle generazioni future”.
Così “la verità sull’uomo” diventa “un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un’etica con la quale tutti possono confrontarsi”. Un patrimonio etico “che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui”.
Nella domenica delle Palme (1 aprile), all’Eucaristia in Piazza San Pietro ha invitato poi “ad assumere il giusto sguardo sull’umanità intera, sulle genti che formano il mondo, sulle sue varie culture e civiltà. Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità. In questo sguardo traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani”. Rivolgendosi poi ai giovani, il Papa ha ricordato l’esempio di S. Chiara di Assisi che a 18 anni “ebbe il coraggio della fede e dell’amore, di decidersi per Cristo”, per decidere anche oggi “di accogliere il Signore e di seguirlo fino in fondo …. di fare della sua Pasqua di morte e risurrezione il senso stesso della vostra vita di cristiani. E’ la decisione che porta alla vera gioia”.
Così all’Angelus (nella Giornata Mondiale della Gioventù) li ha invitati a spalancare le porte del cuore a Cristo con l’invito alla “gioia, che scaturisce dalla consapevolezza che Dio ci ama”, e che “è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. In un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede.”
Gian Paolo Cassano

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