LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Nel lunedì dell’Angelo (25 aprile), al Regina Coeli, Benedetto XVI ha parlato della vittoria di Cristo sulla morte e, nella Giornata per i bambini vittime della violenza, promossa dall’associazione “Meter”, con invito alle realtà ecclesiale (“in particolare alle parrocchie, agli oratori e alle altre realtà ecclesiali che si dedicano con generosità alla formazione delle nuove generazioni”) di impegnarsi per contrastare questa piaga.
Parlando della Risurrezione del Signore che “segna il rinnovamento della nostra condizione umana” ha evidenziato come da essa promani “l’intera vita della Chiesa e l’esistenza stessa dei cristiani”. Il saluto pasquale (“Cristo è risorto! E’ veramente risorto”) “è una professione di fede e un impegno di vita”. Occorre per questo diventare sempre più suoi autentici testimoni: è la missione delle Chiesa “di evangelizzare e l’opera di ciascuno è importante per il tutto”. (Paolo VI) Ciò sarà possibile “nella preghiera, nell’adorazione”, dove “Dio incontra l’uomo. (…) Solo se sappiamo rivolgerci a Dio, pregarLo, noi possiamo scoprire il significato più profondo della nostra vita, e il cammino quotidiano viene illuminato dalla luce del Risorto”.
Mercoledì 27 aprile, all’udienza generale, ha rivolto un saluto ai fedeli di Lampedusa, apprezzandone lo spirito di solidarietà verso gli immigrati; poi , riflettendo sul tempo pasquale, ha invitato a vivere da “risorti” in mezzo all’umanità per trasformare il mondo in un posto più solidale, dove le città siano luoghi in cui sia rispettata la dignità di ciascuno. Se tutto rimane come prima non può essere Pasqua; infatti il cristiano, risorto con Gesù deve comportarsi come “un figlio della luce” in un mondo di oscurità.
“La risurrezione di Cristo è l’approdo verso una vita non più sottomessa alla caducità del tempo, una vita immersa nell’eternità di Dio. Nella risurrezione di Gesù inizia una nuova condizione dell’essere uomini, che illumina e trasforma il nostro cammino di ogni giorno e apre un futuro qualitativamente diverso e nuovo per l’intera umanità”.
Per far “diventare ‘vita’ la Pasqua” bisogna pensare (come scriveva san Paolo) “alle cose di lassù, non a quelle della terra”: ciò non significa “il disprezzo delle realtà terrene, invitando cioè a dimenticarsi di questo mondo”, ma le cose di questa terra sono soprattutto il “desiderio insaziabile di beni materiali” e l’“egoismo, radice di ogni male”. Spogliarsi di questo e “rivestirsi di Cristo,” cioè di carità, di bontà, di mansuetudine, rende un cristiano capace di irradiare luce nel mondo.
“E questa è la via non solo per trasformare noi stessi, ma per trasformare il mondo, per dare alla città terrena un volto nuovo che favorisca lo sviluppo dell’uomo e della società secondo la logica della solidarietà, della bontà, nel profondo rispetto della dignità propria di ciascuno”.
Ecco la Pasqua, il “passaggio profondo e totale” che porta a “una nuova armonia nel proprio cuore e nel rapporto con gli altri e con le cose”.
“Ogni cristiano, così come ogni comunità, se vive l’esperienza di questo passaggio di risurrezione, non può non essere fermento nuovo nel mondo, donandosi senza riserve per le cause più urgenti e più giuste, come dimostrano le testimonianze dei Santi in ogni epoca e in ogni luogo (…) E’ il nostro compito e la nostra missione: far risorgere nel cuore del prossimo la speranza dove c’è disperazione, la gioia dove c’è tristezza, la vita dove c’è morte”.
Gian Paolo Cassano
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