La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Continuando a riflettere sulla Chiesa madre, nell’udienza generale di mercoledì 10 settembre, il Papa ne ha parlato come “maestra di misericordia”, perché affronta “l’odio con l’amore”, sconfigge “la violenza con il perdono”, risponde “alle armi con la preghiera”. Ora “non basta amare chi ci ama (…), non basta fare il bene a chi ci fa del bene: (…) “per cambiare il mondo in meglio bisogna fare del bene a chi non è in grado di ricambiarci, come ha fatto il Padre con noi, donandoci Gesù. Ma quanto abbiamo pagato noi per la nostra redenzione? Niente, tutto gratuito! Fare il bene senza aspettare un’altra cosa di ricambio, così di contraccambio. Così ha fatto il Padre con noi e noi dobbiamo fare lo stesso. Fa’ il bene e vai avanti”! L’essenziale “è la misericordia” e la Chiesa si comporta come il Signore, educando all’“essenziale”, per trasmettere ai suoi figli “il senso e la gioia di vivere”, perché “il cristiano necessariamente deve essere misericordioso” e “la madre Chiesa, come Gesù, insegna con l’esempio, e le parole servono ad illuminare il significato dei suoi gesti”.
Le azioni concrete della Chiesa sono “dare da mangiare e da bere a chi ha fame e sete” e “vestire chi è nudo” e “a stare vicino a chi è malato” come testimoniano i “tanti santi e sante che hanno fatto questo in modo esemplare”, ma anche i tantissimi “papà e mamme, che insegnano ai loro figli che ciò che avanza a noi è per chi manca del necessario”. E’ bello ricordare la regola sacra dell’ospitalità: “non manca mai un piatto e un letto per chi ne ha bisogno”.
E “insegna a stare vicino a chi è in carcere”, poiché “tutti abbiamo la capacità di peccare e di fare lo stesso, di sbagliare nella vita. Non è più cattivo di te e di me! La misericordia della madre Chiesa supera ogni muro, ogni barriera, e ti porta a cercare sempre il volto dell’uomo, della persona. Ed è la misericordia che cambia il cuore e la vita, che può rigenerare una persona e permetterle di inserirsi in modo nuovo nella società”. Ma la madre Chiesa insegna anche “a stare vicino a chi è abbandonato e muore solo”, come quei “tanti cristiani che non hanno paura di stringere la mano a chi sta per lasciare questo mondo”. E’ l’esempio della “beata Teresa per le strade di Calcutta”.
“La guerra è una follia”: lo ha detto con forza il Papa, in visita sabato 13 settembre al Sacrario di Redipuglia, in provincia di Gorizia, nel centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, dopo essersi fermato prima i preghiera al vicino cimitero austro ungarico. “Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione…”. Il Pontefice chiede all’umanità la conversione dei cuori davanti alla violenza dell’uomo: “la cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: ‘A me che importa del mio fratello?’: a me che importa … . «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… ‘A me che importa?’.” Poi ha aggiunto: “anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: ‘A me che importa?’. (…) gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. (…) Caino non ha pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto”.
Domenica 14 settembre nella Basilica vaticana, ha celebrato la S. Messa con il rito del matrimonio, per venti coppie di sposi. Ad esse ha ricordato come “l’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, di esaurisce. L’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo”.
All’Angelus, il pensiero è andato ai cristiani perseguitati per la loro fede e, subito dopo, alle vittime di tutte le guerre che sono “una pazzia dalla quale l’umanità non ha ancora imparato la lezione”. Così si è domandato: “quando impareremo, noi, questa lezione? Invito tutti a guardare Gesù Crocifisso per capire che l’odio e il male vengono sconfitti con il perdono e il bene, per capire che la risposta della guerra fa solo aumentare il male e la morte”! Dopo aver spiegato che nella Croce di Gesù si rivela “l’amore di Dio per l’umanità”; è da quella Croce che “scaturisce la misericordia del Padre che abbraccia il mondo intero. Per mezzo della Croce di Cristo è vinto il maligno, è sconfitta la morte, ci è donata la vita, restituita la speranza. Questo è importante: per mezzo della Croce di Cristo ci è restituita la speranza. La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza”!
Per questo la Chiesa “esalta” la santa Croce e noi cristiani “benediciamo con il segno della croce”: non si tratta di esaltare “le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E’ questa è la nostra speranza”.
Gian Paolo Cassano

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