La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Nella fortissima condanna di ogni forma di mafia si può cogliere il senso del viaggio pastorale di Papa Francesco lo scorso 21 giugno a Cassano allo Jonio, terra segnata dalla violenza della n’drangheta e dell’uccisione di un sacerdote (padre Lazzaro Longobardi) e del piccolo Cocò Campolongo.
Lo ha detto senza mezzi termini, per denunciare mafia, violenza e falsi idoli, celebrando l’Eucaristia nella piana di Sibari (davanti a 250.000 persone): “questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domando i nostri giovani bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Un messaggio chiarissimo e fortissimo: “quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato! L’Ndrangheta è questo! Adorazione del male e disprezzo del bene comune”. Richiamandosi alla solennità del Corpus Domini, spiega che cristiano è chi adora Gesù Eucaristia e cammina con Lui e rinuncia, appunto, ad adorare falsi idoli. Infatti “il popolo che adora Dio nell’Eucaristia – ricorda – è il popolo che cammina nella carità”. Carità significa giustizia, speranza, tenerezza di qui un richiamo alla politica “nel favorire stili di vita e iniziative che pongano al centro le necessità dei poveri e degli ultimi” per cercare “di vivere l’impegno politico e amministrativo per quello che è, un servizio al bene comune”.
Il viaggio era iniziato nel carcere di Castrovillari con l’abbraccio ai detenuti e ai malati, con l’auspicio che l’esperienza del carcere sia un vero riscatto e non una perdita di dignità, la condanna del crimine, la solidarietà verso le sue vittime. Il Papa ha voluto parlare “ad ogni uomo e ogni donna che si trova in carcere, in ogni parte del mondo”, indicando un percorso che non sia solamente umano, ma anche con Dio: “è più difficile lasciarsi guardare da Dio che guardare Dio. E’ più difficile lasciarsi incontrare da Dio che incontrare Dio, perché in noi sempre c’è una resistenza. E Lui ti aspetta, Lui ci guarda, Lui ci cerca sempre, no? E questo Dio che ci ama, che è capace di comprenderci, capace di perdonare i nostri errori. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale”. Di qui l’augurio di Papa Francesco che il tempo di detenzione “non vada perduto ma possa essere un tempo prezioso” per l’incontro con la grazia di Dio. Poi all’Hospice “San Giuseppe Moscati” di Cassano all’Jonio, dove ha incontrato la sofferenza di malati terminali…
Incontrando poi i sacerdoti in Cattedrale ha sintetizzato il suo discorso in tre parole: gioia, fraternità, famiglia. E’ la “gioia di essere preti”, perché “non c’è niente di più bello per un uomo” che “essere chiamato dal Signore Gesù”, in una chiamata a seguirLo e a portare agli altri “la sua parola, il suo perdono”. Il Papa condivide quindi con i sacerdoti “la bellezza della fraternità: dell’essere preti insieme, del seguire il Signore non da soli”, ma “insieme, pur nella grande varietà dei doni e delle personalità”, anche se “non è facile, non è immediato e scontato”, anche perché “siamo immersi nella cultura soggettivistica di oggi, questa cultura che esalta l’io fino a idolatrarlo”. E’ la comunione in Cristo nel presbiterio che “va sempre accolta e coltivata” e “chiede di essere vissuta cercando forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma sempre in prospettiva apostolica, con stile missionario, con fraternità e semplicità di vita”. Francesco incoraggia quindi i sacerdoti nel loro lavoro “con le famiglie e per la famiglia (…) in questo tempo, che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per le famiglie, a causa della crisi”.
Gian Paolo Cassano

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