“Sperare nella vita per generare vita”: su questo tema si è centrata la catechesi del Papa all’udienza generale di mercoledì 26 novembre 2025, sviluppandosi intorno al “mistero della vita” su cui ci si interroga da sempre. E’ la Pasqua del Signore che “illumina il mistero della vita e ci permette di guardarlo con speranza”, anche se nel mondo ci sono vite “dolorose, colme di problemi e di ostacoli da superare”. Eppure la vita è ricevuta come un dono: non è chiesta, non è scelta, si “sperimenta nel suo mistero dal primo giorno fino all’ultimo: (…) ci viene offerta, non possiamo darcela da soli, ma va alimentata costantemente: occorre una cura che la mantenga, la dinamizzi, la custodisca, la rilanci.”
Per questo “la domanda sulla vita è una delle questioni abissali del cuore umano. Siamo entrati nell’esistenza senza aver fatto niente per deciderlo. Da questa evidenza scaturiscono come un fiume in piena le domande di ogni tempo”. Ora la “direzione” della vita è la “speranza”, cioè quella “spinta profonda che ci fa camminare nelle difficoltà”, che “non ci fa arrendere nella fatica” e che “ci rende certi che il pellegrinaggio dell’esistenza ci conduce a casa”. Senza di essa “la vita rischia di apparire come una parentesi tra due notti eterne, una breve pausa tra il prima e il dopo del nostro passaggio sulla terra. Sperare nella vita significa invece pregustare la meta, credere come sicuro ciò che ancora non vediamo e non tocchiamo, fidarci e affidarci all’amore di un Padre che ci ha creato perché ci ha voluto con amore e ci vuole felici.” Il Pontefice ha poi constatato poi come nel mondo ci sia una diffusa mancanza di fiducia nella vita, una malattia che ci rassegna ad una fatalità negativa, di rinuncia, per cui si guarda alla vita non più come un dono, ma come “un’incognita, quasi una minaccia da cui preservarsi per non rimanere delusi.” Per questo è urgente il richiamo al coraggio di vivere e di generare vita, di testimoniare che Dio è per eccellenza “l’amante della vita” (cfr. Sap 11,26).
E’ ciò che fa Gesù “nel guarire malati, risanare corpi e spiriti feriti, ridare la vita ai morti”, rivelando il Padre, includendo tutti, “specialmente i disperati, gli esclusi, i lontani nella sua promessa di salvezza.” Cristo, “generato dal Padre”, è “la vita e ha generato vita” senza risparmiarsi, donandoci “la sua” e invitando “anche noi a donare la nostra vita”. Infatti “generare vuol dire porre in vita qualcun altro” e questo è accaduto nell’“universo dei viventi”, nel quale Dio ha creato uomo e donna “a propria immagine”, affidando loro “la missione di generare pure a sua immagine, cioè per amore e nell’amore”. E’ ciò che ci rivela la S. Scrittura, come la vita riceva “il dono della libertà” e diventi un dramma, dove “le relazioni umane sono segnate anche dalla contraddizione, fino al fratricidio”, con la gelosia, l’invidia, il sangue, come nel caso di Caino verso il fratello Abele (Gen 4,1-16). “La logica di Dio, invece, è tutt’altra. Dio rimane fedele per sempre al suo disegno di amore e di vita; non si stanca di sostenere l’umanità”, anche quando questa si abbandona alla “violenza nelle guerre, nelle discriminazioni, nei razzismi, nelle molteplici forme di schiavitù.”
Per questo “generare significa allora fidarsi del Dio della vita e promuovere l’umano in tutte le sue espressioni.” Questo avviene con la “meravigliosa avventura della maternità e della paternità”, che può esserci “anche in contesti sociali nei quali le famiglie faticano a sostenere l’onere del quotidiano, rimanendo spesso frenate nei loro progetti e nei loro sogni”. Così “generare è impegnarsi per un’economia solidale, ricercare il bene comune equamente fruito da tutti, rispettare e curare il creato, offrire conforto con l’ascolto, la presenza, l’aiuto concreto e disinteressato.
E’ la Risurrezione di Gesù Cristo “la forza che ci sostiene in questa sfida”, perché il “Risorto passa ancora, fino alla fine del tempo, e cammina con noi e per noi. Egli è la nostra speranza”.
Chiediamoci:
- Guardiamo alla vita come un dono ricevuto?
- Ci domandiamo chi siamo, da dove veniamo ed andiamo?
- Quale è il senso ultimo di tutto questo viaggio?
- Nutriamo la speranza come la direzione della vita?
- Capiamo che sperare nella vita significa pregustare la meta?
- Siamo attenti a non lasciarci prendere da una mancanza di fiducia nella vita?
- Accogliamo il richiamo al coraggio di vivere e di generare vita, di testimoniare che Dio è “l’amante della vita”?
- Facciamo nostra l’esempio di Gesù a donare la nostra vita?
- Riconosciamo nella sinfonia delle creature la missione di generare a sua immagine, cioè per amore e nell’amore?
- Ripensiamo al dono della libertà ricevuto da Dio come responsabilità di amore?
- Sappiamo fidarci del Dio della vita e promuovere l’umano in tutte le sue espressioni?
- Ci impegniamo per un’economia solidale, ricercare il bene comune?
- Rispettiamo e curiamo il creato, offrendo conforto con l’ascolto, la presenza, l’aiuto?
