“In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». (…) Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.” (Lc 1,26-38)

L’iconografia mariana è particolarmente ricca. Tra i tanti che si sono cimentati c’è Luca Giordano, pittore napoletano del XVII secolo, talento protagonista dell’arte barocca europea, nonché uno dei pittori più prolifici di tutti i tempi. L’opera, nel Museo diocesano di Cosenza (3mt x 2) è datata tra il 1665 ed il 1666, realizzata per la chiesa dei Cappuccini della città.
In alo a sinistra c’è Dio Padre, con capelli e barba bianchi e le braccia aperte a figurare il mistero del Golgota, con i piedi coperti dalle nuvole, che sembrano inglobare angeli paffuti. Con la mano destra indica un crocifisso fatto di palma di dattero, ad indicare la missione del Figlio come redentore. Sul petto c’è lo Spirito Santo a forma di colomba, pronto a discendere (come lo sposo di Maria) su di Lei. La mano sinistra del Padre è sospesa sul capo della Vergine, docilmente piegato ad accettazione della volontà divina, ricevendo Gesù nel grembo. La Vergine Maria ha un viso dolce, rischiarato da una corona di stelle, mentre con i piedi, che sembrano di carne viva, poggia su una luna argentea (simbolo dello svolgimento del tempo).
La Vergine ha la veste rossa, indicante il sangue che dà la vita, e stringe tra le mani un lungo velo. Le spalle sono coperte dal manto di colore blu, simbolo di armonia e della calma interiore e nello stesso tempo richiamo alla natura umana e alla natura divina del Figlio che riceve dall’Alto. Dalle profondità marine, esce il drago dalle sette teste, con bocche di fuoco e ampie ali spiegate. Esso tenta, con forza mostruosa e demoniaca, di spezzare le catene e di opporsi al disegno divino. Cori di angeli, raccolti su nubi dorate, cantano, accompagnati da strumenti musicali, le lodi della Vergine, specchio senza macchia e giglio di candore (elementi simbolici che vengono qui rappresentati). Lo stemma sulla sinistra è quello della famiglia dei Sambiase.
