La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Domenica 6 novembre, all’Angelus, celebrando il Giubileo dei detenuti, il Papa ha chiesto un atto di clemenza verso i detenuti, ribadendo che la giustizia penale non può avere solo dimensione punitiva, ma deve aprirsi alla speranza. Francesco ha desiderato “ribadire l’importanza di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società”, facendo appello alle autorità di ogni Paese “di compiere, in questo Anno Santo della Misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”.
E’ seguito anche l’incoraggiamento affinché abbia successo la Conferenza sul clima che si svolge dal 7 novembre a Marrakech, auspicando “che tutto questo processo sia guidato dalla coscienza della nostra responsabilità per la cura della casa comune”. Il Papa non ha poi mancato di ricordare i 38 nuovi Beati martiri del regime ateo comunista che ha dominato in Albania: “essi preferirono subire il carcere, le torture e infine la morte, pur di rimanere fedeli a Cristo e alla Chiesa. Il loro esempio ci aiuti a trovare nel Signore la forza che sostiene nei momenti di difficoltà e che ispira atteggiamenti di bontà, di perdono e di pace”.
Commentando il Vangelo, il Papa si era invece soffermato sulla “verità della risurrezione”. Qui “viviamo realtà provvisorie che finiscono”, mentre dopo la risurrezione vivremo tutto, anche il matrimonio, “in maniera trasfigurata” e tutto “risplenderà trasformato in piena luce nella comunione gloriosa dei Santi in Paradiso”. Infatti “la risurrezione è il fondamento della fede cristiana! Se non ci fosse il riferimento al Paradiso e alla vita eterna, il cristianesimo si ridurrebbe a un’etica, a una filosofia di vita. Invece il messaggio della fede cristiana viene dal cielo, è rivelato da Dio e va oltre questo mondo. Credere alla risurrezione è essenziale, affinché ogni nostro atto di amore cristiano non sia effimero e fine a sé stesso, ma diventi un seme destinato a sbocciare nel giardino di Dio, e produrre frutti di vita eterna”.
In precedenza, presiedendo l’Eucaristia in San Pietro (presenti oltre mille carcerati) aveva detto che “dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre”. Il Pontefice, ripercorrendo la liturgia del giorno, è partito dalla “speranza che non delude” che poggia in Dio le sue radici, perché essa “è dono di Dio” ed è “posta nel più profondo nel cuore di ogni persona”. Infatti “non esiste luogo del nostro cuore che non possa essere raggiunto dall’amore di Dio. Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace”. E’ Dio che “spera”, la “sua misericordia non lo lascia tranquillo”. Allora “la speranza non può essere tolta a nessuno, perché è la forza per andare avanti; è la tensione verso il futuro per trasformare la vita; è una spinta verso il domani, perché l’amore con cui, nonostante tutto, siamo amati, possa diventare nuovo cammino…” Occorrerebbe ricordare che tutti “in una o in un’altra maniera abbiamo sbagliato”; invece spesso “si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto”. Il questo modo “puntare il dito contro qualcuno che ha sbagliato non può diventare un alibi per nascondere le proprie contraddizioni”. Poiché “nessuno davanti a Dio può considerarsi giusto” allora “nessuno può vivere senza la certezza di trovare il perdono! (…) “Quante volte la forza della fede ha permesso di pronunciare la parola perdono in condizioni umanamente impossibili! Fa riferimento a persone “che hanno patito violenze e soprusi (…) Solo la forza di Dio la misericordia” può guarire certe ferite.
Gian Paolo Cassano

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