Nuovi Santi

NUOVI SANTI
a cura di Gian Paolo Cassano

Un prete diocesano piemontese è da poco annoverato tar i beati. Parlo di don Giacomo Abbondo, sacerdote diocesano originario di Tronzano, paese in cui fu parroco per oltre trent’anni.
E’ stato proclamato solennemente a Vercelli in Cattedrale nel rito presieduto dal card. Angelo Amato (prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi) con l’arcivescovo della diocesi eusebiana mons. Marco Arnolfo. La Chiesa vuole “rendere grazie al Signore – spiega l’arcivescovo – del dono del sacerdozio, della santità realizzata nei suoi servi con adesione piena alla sua volontà e per impetrare grazie dal nuovo Beato, vissuto nella nostra terra, che ha annunciato e testimoniato il Vangelo contribuendo a costruire la nostra Chiesa locale”.
Il beato Abbondo è stato un pastore secondo il cuore di Cristo, interamente dedito alla parrocchia, alle anime, alla Chiesa: Siamo nel XVIII secolo, negli anni segnati dalla Rivoluzione francese e particolarmente, tra il 1757 e il 1788, quando fu parroco di Tronzano. Furono anni non facili per la Chiesa, ma egli seppe rispondere con sapienza e fortezza a una triplice sfida, quella di contrastare l’illuminismo, armonizzando fede e ragione e mettendo al centro della sua pastorale l’annuncio della Parola di Dio. Per questo si oppose, al rigorismo del giansenismo, favorendo la frequenza ai sacramenti e incentivando le devozioni popolari, e infine contrastò la diffusione del gallicanesimo, manifestando una speciale venerazione per il Papa e vivendo in piena fedeltà al magistero pontificio. Non rinunciò mai all’impegno della predicazione della catechesi, dell’omelia, dell’istruzione religiosa, sia negli afosi mesi estivi come in quelli rigidi invernali percorrendo a cavallo le fangose strade di campagna per raggiungere le cascine più lontane…
E’ la carità pastorale fu il fulcro della vita sacerdotale del nuovo beato, nell’educazione die più piccoli, nell’aiuto ai poveri, agli ammalati, ai carcerati; la sua casa era aperta all’ospitalità di sacerdoti e religiosi impegnati in cura d’anime.
“Don Giacomo – ricorda il card. Amato – ci esorta a imitare San Paolo quando diceva: ‘Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo’. E poi ancora: ‘Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro”.
Gian Paolo Cassano

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