La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano

E’ stata una visita breve ma intensa, un segno “di amore e di speranza”: parlo del viaggio che martedì 26 giugno Benedetto XVI ha compito a Rovereto di Novi, in Emilia, nei luoghi segnati dal terremoto.
“Ho sentito sempre più forte – ha detto con semplicità paterna il Papa – il bisogno di venire di persona in mezzo a voi”. Facendo riferimento poi alla voglia di “ricominciare con forza e coraggio” ha aggiunto: “non siete e non sarete soli! In questi giorni, in mezzo a tanta distruzione e dolore, voi avete visto e sentito come tanta gente si è mossa per esprimervi vicinanza, solidarietà e affetto; e questo attraverso tanti segni e aiuti e concreti. La mia presenza in mezzo a voi vuole essere uno di questi segni di amore e di speranza”.
Ha poi fatto riferimento alla fede “per cui, sì, ci può essere la paura, l’angoscia – le ha provate anche Gesù – ma c’è soprattutto la certezza che Dio è con noi; come il bambino che sa sempre di poter contare sulla mamma e sul papà, perché si sente amato, voluto, qualunque cosa accada”.
Mercoledì 27 giugno, durante l’Udienza, ha ricordato la via indicata da Cristo, la via della Croce, dell’umiliazione, del dono di sé nella “obbedienza alla volontà del Padre”. E’ la via che San Paolo sposa nella Lettera ai Filippesi.
“Gesù ha raggiunto il massimo grado dell’umiliazione, perché la crocifissione era la pena riservata agli schiavi e non alle persone libere; (…) la logica umana, invece, ricerca spesso la realizzazione di se stessi nel potere, nel dominio, nei mezzi potenti. L’uomo continua a voler costruire con le proprie forze la torre di Babele per raggiungere l’altezza di Dio, per essere come Dio”.
Si può ascendere a Dio “nella discesa dell’umile servizio, nella discesa dell’amore, che è l’essenza di Dio e quindi la forza veramente purificatrice, che rende l’uomo capace di percepire e di vedere Dio”. Infatti “solo se usciamo da noi stessi ci troviamo”; è nella preghiera “fatta di silenzio e di parola, di canto e di gesti che coinvolgono l’intera persona” che “noi apriamo la mente, il cuore, la volontà all’azione dello Spirito Santo per entrare in questa stessa dinamica di vita.”
Il Papa pensa ad un gesto preciso, la genuflessione “il mettersi in ginocchio nella preghiera” ad esprimere “l’atteggiamento di adorazione di fronte a Dio, anche con il corpo”. E’ un gesto da fare “con profonda consapevolezza” perché così “davanti al Signore noi confessiamo la nostra fede in Lui, riconosciamo che è Lui l’unico Signore della nostra vita”.
Domenica 1 luglio, all’Angelus, il Pontefice ha commentato il racconto delle guarigioni di due donne da parte di Gesù (nel vangelo di Marco), sottolineando come Gesù sia “venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità”, corpo e Spirito.
Una “guarigione fisica” che “è strettamente legata alla guarigione più profonda, quella che dona la grazia di Dio a chi si apre a Lui con fede”.
“A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona”.
Gian Paolo Cassano

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