La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO

a cura di Gian Paolo Cassano

Nell’udienza di mercoledì 1 giugno il Papa ha riflettuto sulla forza della preghiera di intercessione prendendo spunto dall’episodio del “vitello d’oro” raccontato nel Libro dell’Esodo.

Il popolo di Israele, stanco del cammino attraverso il deserto chiede “una presenza tangibile”: si tratta di “una tentazione costante nel cammino di fede: eludere il mistero divino costruendo un dio comprensibile, corrispondente ai propri schemi, ai propri progetti. Quanto avviene al Sinai mostra tutta la stoltezza e l’illusoria vanità di questa pretesa perché, come ironicamente afferma il Salmo 106, ‘scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba’”.

Benedetto XVI mette poi in rilievo la preghiera di intercessione di Mosè che “rende così operante, dentro la realtà corrotta dell’uomo peccatore, la misericordia divina, che trova voce nella supplica dell’orante e si fa presente attraverso di lui lì dove c’è bisogno di salvezza”.

Il Pontefice si è poi soffermato sugli argomenti che Mosè porta per convincere Dio. “L’opera di salvezza iniziata deve essere completata; se Dio facesse perire il suo popolo, ciò potrebbe essere interpretato come il segno di un’incapacità divina di portare a compimento il progetto di salvezza. Dio non può permettere questo: Egli è il Signore buono che salva, il garante della vita, è il Dio di misericordia e perdono, di liberazione dal peccato che uccide. E così Mosè fa appello a Dio, alla vita interiore di Dio contro la sentenza esteriore”.

Nel chiedere di perdonare Israele, Mosè “si appella alla fedeltà di Dio … che non cessa di cercare chi si è allontanato, che resta sempre fedele a se stesso e offre al peccatore la possibilità di tornare a Lui e di diventare, con il perdono, giusto e capace di fedeltà”.

Così Mosè facendosi “intercessore per il suo popolo” e offrendo sé stesso, diventa, come hanno visto i Padri della Chiesa “una prefigurazione di Cristo, che sull’alta cima della croce realmente sta davanti a Dio, non solo come amico ma come Figlio.” Portando “tutti noi nel suo corpo … è grido al cuore di Dio, è perdono, ma perdono che trasforma e rinnova”.

Gian Paolo Cassano

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