LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

All’udienza generale di mercoledì 6 febbraio il Papa ha ripercorso le tappe salienti del suo viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti, un Paese divenuto “un crocevia tra Oriente e Occidente, un’oasi multietnica e multireligiosa” ed “un luogo adatto per promuovere la cultura dell’incontro”.
E’ stato “un viaggio breve ma molto importante che, riallacciandosi all’incontro del 2017 ad Al-Azhar, in Egitto, ha scritto una nuova pagina nella storia del dialogo tra Cristianesimo e Islam e nell’impegno di promuovere la pace nel mondo sulla base della fratellanza umana”. Parliamo della firma congiunta (con il Grande Imam di Al-Azhar) del Documento sulla Fratellanza Umana, nel quale è riaffermata “la comune vocazione di tutti gli uomini e le donne ad essere fratelli in quanto figli e figlie di Dio”, ed è condannata “ogni forma di violenza, specialmente quella rivestita di motivazioni religiose”. In un’epoca “in cui è forte la tentazione di vedere in atto uno scontro tra le civiltà cristiana e quella islamica”, è stato dato “un ulteriore segno, chiaro e deciso, che invece è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare e che, pur nella diversità delle culture e delle tradizioni, il mondo cristiano e quello islamico apprezzano e tutelano valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani, e altri ancora.” E’ stato un viaggio storico, il primo di un pontefice nella penisola arabica, a 800 anni dalla visita di san Francesco (a cui il Papa ha pensato spesso nel corso del suo viaggio) al sultano al-Malik al-Kamil. “Mi aiutava a tenere nel cuore il Vangelo – ha precisato – l’amore di Gesù Cristo, mentre vivevo i vari momenti della visita; nel mio cuore c’era il Vangelo di Cristo, la preghiera al Padre per tutti i suoi figli”. Grande è stata l’accoglienza ricevuta nelle tappe fondamentali del viaggio: i colloqui privati con il Principe Ereditario e con il Consiglio Musulmano degli Anziani; l’incontro interreligioso presso il Memoriale del Fondatore degli Emirati Arabi Uniti, lo Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan. Il Pontefice ha fatto anche memoria dell’intenso abbraccio con il milione di cristiani presente negli Emirati Arabi Uniti, “lavoratori originari di vari Paesi dell’Asia”, pregando con “speciale intenzione al Medio Oriente e allo Yemen”. E’ stata l’occasione “di salutare il primo sacerdote che era andato, che ancora è vivo – novantenne – fondatore di tante comunità lì. É sulla sedia a rotelle, cieco, ma il sorriso non cade dalle sue labbra, il sorriso di aver servito il Signore e di aver fatto tanto bene”, come pure “tanti sacerdoti che sono lì al servizio delle comunità cristiane di rito latino, di rito siro-malabarese, siro-malankarese, di rito maronita che vengono dal Libano, dall’India, dalle Filippine e da altri Paesi.”
Riflettendo sul vangelo domenicale di Luca, all’angelus di domenica 10 febbraio, il Papa ha invitato tutti a mettersi “con generosità” al servizio di Gesù. Occorre superare la titubanza, frutto “della nostra inadeguatezza” per rispondere con coraggio alla chiamata del “Maestro divino”, perché Dio, “se ci fidiamo di Lui, ci libera dal nostro peccato e ci apre davanti un orizzonte nuovo: collaborare alla sua missione”. Egli “così agisce con ciascuno di noi: ci chiede di accoglierlo sulla barca della nostra vita, per ripartire con Lui e solcare un nuovo mare, che si rivela carico di sorprese. Il suo invito a uscire nel mare aperto dell’umanità del nostro tempo, per essere testimoni di bontà e di misericordia, dà senso nuovo alla nostra esistenza, che rischia spesso di appiattirsi su sé stessa.” Il miracolo più grande che il Signore compie non sta nella barca piena di pesci, ma nell’aver aiutato quegli uomini a non cadere nella delusione e nello scoraggiamento, ma a diventare annunciatori e testimoni della sua parola e del regno di Dio. Per questo Francesco rivolge un appello a dare una risposta “pronta e totale” e, sull’esempio della Vergine Santa, “modello di pronta adesione alla volontà di Dio”, di cedere al “fascino della chiamata del Signore” per “diffondere dappertutto la sua parola di salvezza”.

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