La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

“Non si può fare la guerra in nome di Dio”. Lo ha evidenziato il Papa, a conclusione dell’udienza generale mercoledì 21 gennaio, pensando al dramma dei cristiani in Niger, colpiti dalle violenze compiute da estremisti islamici. “Sono state fatte brutalità verso i cristiani, i bambini e le chiese. Invochiamo dal Signore il dono della riconciliazione e della pace, perché mai il sentimento religioso diventi occasione di violenza, di sopraffazione e di distruzione. Non si può fare la guerra in nome di Dio!” Durante l’udienza aveva ripercorso il viaggio in Asia, “continente di ricche tradizioni culturali e spirituali”. Ha parlato così delle famiglie sane, “essenziali” alla vita della società, con la tappa nelle Filippine: “dà consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione Ho sentito dire da alcuni che le famiglie con molti figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà”. Questa, però è “un’opinione semplicistica”, perché “la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e vi ha posto il dio denaro; un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i bambini, gli anziani, i giovani, senza lavoro … e che crea la cultura dello scarto che viviamo. Ci siamo abituati a vedere persone scartate. Questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie numerose”.Ai giovani, poi, Francesco ha affidato il “rinnovamento della società”, specialmente attraverso il servizio ai poveri la cui cura “è un elemento essenziale” della nostra vita e della nostra testimonianza cristiana, nel “rifiuto di ogni forma di corruzione” che ruba ai poveri e richiede “una cultura di onestà”.
Un pensiero è andato alle vittime della “devastazione del tifone Yolanda”, ricordando poi anche la tappa in Sri Lanka con la canonizzazione del grande missionario Giuseppe Vaz, il cui “esempio di santità e amore al prossimo” può essere preso a “modello per tutti i cristiani, chiamati oggi a proporre la verità salvifica del Vangelo in un contesto multi religioso”. Al riguardo le diverse religioni hanno un ruolo significativo da svolgere, incoraggiando per questo “la cooperazione già intrapresa tra i seguaci delle differenti tradizioni religiose, anche al fine di poter risanare col balsamo del perdono quanti ancora sono afflitti dalle sofferenze degli ultimi anni”.
All’Angelus domenica 25 gennaio ha rammentato che “è una cosa brutta che i cristiani siano divisi. Ma Gesù ci vuole uniti: un solo corpo. I nostri peccati, la storia, ci hanno divisi e per questo dobbiamo pregare tanto perché sia lo stesso Spirito Santo ad unirci di nuovo”.
Nel cuore di Cristo “si incontrano la sete umana e quella divina” e la sete dell’unità: occorre stare attenti al diavolo che “è il padre delle divisioni, è uno che sempre divide, che sempre fa guerre, fa tanto male”. Ha rivolto un caldo appello per l’Ucraina, perché cessino le violenze e ricordando il Vangelo domenicale, ha sottolineato che Cristo è “la Parola vivente e operante nella storia” e disseta il nostro cuore inquieto: “Gesù è il compimento delle promesse divine perché è Colui che dona all’uomo lo Spirito Santo, l’acqua viva che disseta il nostro cuore inquieto, assetato di vita, di amore, di libertà, di pace: assetato di Dio”. Egli “facendosi uomo ha fatto propria la nostra sete” di una vita piena, libera dalla schiavitù del male e della morte e “nello stesso tempo, con la sua incarnazione Dio ha posto la sua sete – perché anche Dio ha sete – la sua sete nel cuore di un uomo: Gesù di Nazaret. Dio ha sete di noi, dei nostri cuori, del nostro amore e l’ha messo nel cuore di Gesù”.
Gian Paolo Cassano

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