La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Continua la catechesi sulla Chiesa. Nell’Udienza di mercoledì 3 settembre Papa Francesco ha parlato delle Chiesa che è madre e che è perseguitata nei suoi figli come quelli in Iraq (ma non solo) sono “indifesi e perseguitati”, assicurando loro “la vicinanza: siete nel cuore della Chiesa; la Chiesa soffre con voi ed è fiera di voi, fiera di avere figli come voi; siete la sua forza e la testimonianza concreta e autentica del suo messaggio di salvezza, di perdono e di amore.”
Ora cristiani non si diventa “con le proprie forze” né “in laboratorio”, ma all’interno di un corpo che genera alla fede, la Chiesa. Una maternità, quella della Chiesa che è “il prolungamento nella storia” della maternità della Mamma di Gesù. In Lei “scopriamo il volto più bello e più tenero della Chiesa; e guardando alla Chiesa, riconosciamo i lineamenti sublimi di Maria. Noi cristiani, non siamo orfani, abbiamo una mamma, abbiamo una madre, e questo è grande! Non siamo orfani! La Chiesa è madre, Maria è madre”. In questo disegno materno si può cogliere come la Chiesa nutra i suoi figli con la Parola di Dio, l’unica che ha il “potere” di “cambiarci dal di dentro”: è Lei che “ci allatta da bambini con questa parola, ci alleva durante tutta la vita con questa Parola, e questo è grande! È  proprio la madre Chiesa che con la Parola di Dio ci cambia da dentro. La Parola di Dio che ci dà la madre Chiesa ci trasforma, rende , di trasformarci, di rendere la nostra umanità non palpitante secondo la mondanità della carne, ma secondo lo Spirito”. Come una madre poi la Chiesa protegge i propri figli salvandoli “dai pericoli che derivano dalla presenza di satana nel mondo”: in specifico “questa difesa consiste anche nell’esortare alla vigilanza: vigilare contro l’inganno e la seduzione del maligno (…) Satana viene ‘come leone ruggente’, dice l’apostolo Pietro, e sta a noi non essere ingenui, ma vigilare e resistere saldi nella fede. Resistere con i consigli della madre Chiesa, resistere con l’aiuto della madre Chiesa, che come una buona mamma sempre accompagna i suoi figli nei momenti difficili”. Un cristiano è chiamato a testimoniare questo tipo di “coraggio materno”, mettendo al bando ogni vigliaccheria. Perché, “questa è la Chiesa che amo io: una madre che ha a cuore il bene dei propri figli e che è capace di dare la vita per loro. Non dobbiamo dimenticarci però che la Chiesa non sono solo i preti, o noi vescovi, no, siamo tutti! La Chiesa siamo tutti! D’accordo? E anche noi siamo figli, ma anche madri di altri cristiani”.
All’Angelus domenica 7 settembre ha levato un forte appello per la pace in Ucraina e nel Lesotho ed ai cristiani perseguitati in Iraq con quanti sono impegnati a sostenerli.
Soffermandosi sul Vangelo domenicale e sulla “correzione fraterna” ha osservato occorra “anzitutto evitare il clamore della cronaca e il pettegolezzo della comunità – questa è la prima cosa, evitare questo -.  «Va’ e ammoniscilo fra te e lui solo» (v. 15). L’atteggiamento è di delicatezza, prudenza, umiltà, attenzione nei confronti di chi ha commesso una colpa, evitando che le parole possano ferire e uccidere il fratello. Perché, voi sapete, anche le parole uccidono! Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io ‘spello’ un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono”. Questa “discrezione di parlargli da solo ha lo scopo di non mortificare inutilmente il peccatore”, perché il fine “è quello di aiutare la persona a rendersi conto di ciò che ha fatto, e che con la sua colpa ha offeso non solo uno, ma tutti”, come pure “di aiutare noi a liberarci dall’ira o dal risentimento, che fanno solo male: quell’amarezza del cuore che porta l’ira e il risentimento e che ci portano ad insultare e ad aggredire. (…) Insultare non è cristiano”. Veramente “davanti a Dio siamo tutti peccatori e bisognosi di perdono” e la correzione fraterna è “un aspetto dell’amore e della comunione che devono regnare nella comunità cristiana, è un servizio reciproco che possiamo e dobbiamo renderci gli uni gli altri”, che “è possibile ed efficace solo se ciascuno si riconosce peccatore e bisognoso del perdono del Signore”. E’ “la stessa coscienza che mi fa riconoscere lo sbaglio dell’altro, prima ancora mi ricorda che io stesso ho sbagliato e sbaglio tante volte”, come facciamo all’inizio della Messa. Occorre ricordare che sono due le “condizioni per andare bene a Messa: tutti siamo peccatori e a tutti Dio dona la sua misericordia. Sono due condizioni che spalancano la porta per entrare a Messa bene. Dobbiamo sempre ricordare questo prima di andare dal fratello per la correzione fraterna”.
Gian Paolo Cassano

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