La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

L’Eucaristia è il pane che “ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre”. E’ questo il tema che ha sviluppato il Papa nell’udienza generale di mercoledì 5 febbraio. “Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per il dono che ci ha fatto con l’Eucaristia! E’ un dono tanto grande e per questo è tanto importante andare a Messa la domenica, andare a Messa non solo per pregare, ma per ricevere la Comunione, questo pane che è il corpo di Gesù Cristo e che ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre. E’ bello fare questo (…) Per questo la domenica è tanto importante per noi. E con l’Eucaristia sentiamo questa appartenenza proprio alla Chiesa, al popolo di Dio, al corpo di Dio, a Gesù Cristo”.
Il Pontefice si è fermato a spiegare: “al centro dello spazio destinato alla celebrazione si trova l’altare, che è una mensa, ricoperta da una tovaglia, e questo ci fa pensare ad un banchetto. Sulla mensa c’è una croce, ad indicare che su quell’altare si offre il sacrificio di Cristo: è Lui il cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segni del pane e del vino. Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogo da cui si proclama la Parola di Dio: e questo indica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore che parla mediante le Sacre Scritture, e dunque il cibo che si riceve è anche la sua Parola.”
Francesco, per aiutare a capire meglio il rito (non sempre compreso), ha parlato del “gesto di Gesù compiuto nell’Ultima Cena” come “l’estremo ringraziamento al Padre per il suo amore, per la sua misericordia. ‘Ringraziamento’ in greco si dice ‘eucaristia’. E per questo il Sacramento si chiama ‘Eucaristia’: è il supremo ringraziamento al Padre, che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio, per amore”. Da qui “scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza”, per cui la Messa è “ben più che un semplice banchetto” ed è certamente ben più che una ripetitiva liturgia: “’memoriale’ non significa solo un ricordo, un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo Sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli”.
Infine ha invitato a pregare Dio perché “questo Sacramento possa continuare a mantenere viva nella Chiesa la sua presenza e a plasmare le nostre comunità nella carità e nella comunione, secondo il cuore del Padre.” Ora “questo si fa durante tutta la vita, ma si incomincia a farlo il giorno della Prima Comunione. E’ importante che i bambini si preparino bene alla Prima Comunione e che nessun bambino non la faccia, perché è il primo passo di questa appartenenza a Gesù Cristo, forte, forte, dopo il Battesimo e la Cresima”.
“Come volete vivere voi? Come una lampada accesa o come una lampada spenta? Accesa o spenta? Come volete vivere? Lampada accesa! E’ proprio Dio che ci dà questa luce e noi la diamo agli altri. Lampada accesa! Questa è la vocazione cristiana”. E’ l’invito forte del Papa rivolto ai fedeli domenica 9 febbraio, all’Angelus, commentando il Vangelo domenicale, nella consapevolezza dei cristiani di essere “il sale della terra” e la “luce del mondo”. “Tutti noi battezzati siamo discepoli missionari e siamo chiamati a diventare nel mondo un vangelo vivente: con una vita santa daremo ‘sapore’ ai diversi ambienti e li difenderemo dalla corruzione, come fa il sale; e porteremo la luce di Cristo con la testimonianza di una carità genuina. Ma se noi cristiani perdiamo sapore e spengiamo la nostra presenza di sale e di luce perdiamo l’efficacia”. Infatti “il cristiano dovrebbe essere una persona luminosa, che porta luce, sempre dà luce (…) che non è sua, ma è il regalo di Dio, è il regalo di Gesù”.
Ricordando poi la Giornata Mondiale del Malato, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, ha colto l’occasione “propizia” per “mettere al centro della comunità le persone malate, pregare per loro e con loro, stare loro vicini”. In particolare, “possiamo imitare l’atteggiamento di Gesù verso i malati di ogni genere: il Signore si prende cura di tutti, condivide la loro sofferenza e apre il cuore alla speranza”. Ha poi riconosciuto il “lavoro prezioso” degli operatori sanitari che “incontrano ogni giorno nei malati non solo dei corpi segnati dalla fragilità, ma delle persone, alle quali offrire attenzione e risposte adeguate.” Non bisogna dimenticare che “la dignità della persona non si riduce mai alle sue facoltà o capacità, e non viene meno quando la persona stessa è debole, invalida e bisognosa di aiuto. Penso anche alle famiglie, dove è normale prendersi cura di chi è malato; ma a volte le situazioni possono essere più pesanti… Tanti mi scrivono, e oggi vorrei assicurare una preghiera per tutte queste famiglie, e dico loro: non abbiate paura della fragilità! Aiutatevi gli uni gli altri con amore, e sentirete la presenza consolante di Dio”.
Ha infine auspicato che le Olimpiadi invernali di Sochi siano una “festa dello sport e dell’amicizia”.
Gian Paolo Cassano

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