La Parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

“Chi pratica la misericordia non teme la morte”. Lo ha ripetuto più volte il Papa nel corso dell’Udienza generale di mercoledì 27 novembre, in cui, a partire dalla preghiera del Credo, ha spiegato la differenza dell’approccio cristiano all’ultimo momento della vita, rispetto alla visione atea, “che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla”, che nega la morte perché ne ha paura, non credendo in un orizzonte più ampio. E’ una verità che ha il potere di scaldare i cuori: “chi apre la porta ai fratelli che hanno bisogno vedrà a sua volta aperta la porta del cielo alla fine della vita.”
Francesco esplora con chiarezza il tabù per eccellenza: “fra noi, comunemente c’è un modo sbagliato di guardare alla morte.” Così il Papa aggiunge: “a me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse”.
Per il cristiano, la morte è un doloroso passaggio che non spezza nulla, non sfocia nel nulla. Perché “se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio, un amico –, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. E questo è vero: la nostra vita non finisce con la morte!” Una persona “tende a morire come è vissuta”. Se ha camminato con Gesù, ha imparato ad avere “fiducia nella sua immensa misericordia”, sarà preparata “ad accettare il momento ultimo” della sua vita. E essere di Cristo “insegna che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita”, quella con Dio. “E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù. Quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi (…) Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”.
Domenica 1 dicembre, all’inizio dell’Avvento, il Pontefice si è richiamato alla speranza, “che non delude perché è fondata sulla Parola di Dio. Una speranza che non delude, semplicemente perché il Signore non delude mai!” Il modello di questo “atteggiamento spirituale”, che è anche “un modo di essere e camminare nella vita è la Vergine Maria (…) che porta nel cuore tutta la speranza di Dio”. Infatti “nel suo grembo, la speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia: Gesù Cristo (…) Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa”.
E’ questo il clima dell’Avvento, con cui comincia un “nuovo cammino del Popolo di Dio con Gesù Cristo” con un suo “fascino speciale”: è “la bellezza di essere tutti in cammino: la Chiesa, con la sua vocazione e missione, e l’umanità intera, i popoli, le civiltà, le culture, tutti in cammino attraverso i sentieri del tempo”.
E’ quel “pellegrinaggio universale”, verso il Tempio del Signore, verso Gerusalemme che trova “in Gesù Cristo il suo compimento, e il ‘tempio del Signore’, è diventato Lui stesso, il Verbo fatto carne: è Lui la guida ed insieme la meta del nostro pellegrinaggio, del pellegrinaggio di tutto il Popolo di Dio; e alla sua luce anche gli altri popoli possono camminare verso il Regno della giustizia, verso il Regno della pace”.
E’ il richiamo del profeta Isaia: “che bel giorno sarà quello nel quale le armi saranno smontate, per essere trasformate in strumenti di lavoro! Che bel giorno sarà questo! E questo è possibile! Scommettiamo sulla speranza, sulla speranza di una pace e sarà possibile!”
Ha infine espresso (nella Giornata mondiale contro l’Aids) la “vicinanza alle persone che ne sono affette, specialmente ai bambini”.
Gian Paolo Cassano

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.