La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Continuando la catechesi dedicata alla speranza cristiana all’udienza generale di mercoledì 15 marzo, il Papa ha commentato la Lettera ai Romani, ricordando che la gioia della speranza consiste proprio nel sapere che anche nei nostri fallimenti, l’amore di Dio non viene meno. Occorre stare attenti all’ipocrisia che può insinuarsi anche nel nostro modo di amare, quando lo si fa per sentirsi appagati o per mettersi in mostra. “La carità, invece, è anzitutto una grazia, un regalo; poter amare è un dono di Dio, e dobbiamo chiederlo. E Lui lo dà volentieri, se noi lo chiediamo. La carità è una grazia: non consiste nel far trasparire quello che noi siamo, ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo; e non si può esprimere nell’incontro con gli altri se prima non è generata dall’incontro con il volto mite e misericordioso di Gesù”.
Riconoscendosi peccatori (come invita San Paolo), c’è però anche un annuncio di speranza, la possibilità di diventare strumenti della carità di Dio lasciandoci rinnovare il cuore da Cristo risorto: “il Signore risorto che vive tra noi, che vive con noi è capace di guarire il nostro cuore: lo fa, se noi lo chiediamo. È Lui che ci permette, pur nella nostra piccolezza e povertà, di sperimentare la compassione del Padre e di celebrare le meraviglie del suo amore. E si capisce allora che tutto quello che possiamo vivere e fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ha fatto e continua a fare per noi”. E’ Dio stesso che prendendo dimora nel nostro cuore, continua a servire chi incontriamo, specialmente i più bisognosi; è una grazia che ci fa comprendere che da noi stessi non siamo capaci di amare veramente ma abbiamo bisogno che il Signore rinnovi questo dono nel cuore. Così si torna ad apprezzare le piccole cose, capaci di amare gli altri come Dio li ama, cioè volendo il loro bene, che siano amici di Dio, “santi”. Così saremo contenti di “piegarci ai piedi dei fratelli”: è questo il segreto che insegna Paolo “per essere ‘lieti nella speranza’ (…), perché sappiamo che in ogni circostanza, anche la più avversa, e anche attraverso i nostri stessi fallimenti, l’amore di Dio non viene meno”.
Nel corso dell’udienza, salutando un gruppo di dipendenti di Sky Italia, in lotta per il loro posto di lavoro, ha ricordato che “il lavoro ci dà dignità e i responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l’obbligo di fare di tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità”. Infatti “chi, per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari, chiude fabbriche, chiude imprese lavorative e toglie il lavoro agli uomini, questa persona fa un peccato gravissimo”.
All’Angelus domenica 19 marzo il Papa ha espresso la propria vicinanza alla popolazione del Perù, “duramente colpita da devastanti alluvioni”. Un pensiero è andato poi a Josef Mayr-Nusser, proclamato Beato sabato 18 marzo a Bolzano. Un padre di famiglia, esponente dell’Azione Cattolica, morto martire perché si rifiutò di aderire al nazismo per fedeltà al Vangelo. Infatti “per la sua grande levatura morale e spirituale egli costituisce un modello per i fedeli laici, specialmente per i papà, che oggi ricordiamo con grande affetto, anche se la festa liturgica di san Giuseppe si festeggia domani perché oggi è domenica. Salutiamo tutti i papà con un grande applauso.”
Francesco ha ricordato il Vangelo del giorno, col dialogo tra Gesù e la Samaritana sottolineando che “l’acqua che dona la vita eterna è stata effusa nei nostri cuori nel giorno del nostro Battesimo; allora Dio ci ha trasformati e riempiti della sua grazia”. Il rischio è quello di dimenticare questo dono o di ridurlo “a un mero dato anagrafico; e forse andiamo in cerca di ‘pozzi’ le cui acque non ci dissetano. Quando dimentichiamo la vera acqua, andiamo in cerca di pozzi che non hanno acque pulite”.
E’ un Vangelo “proprio per noi! Non solo per la samaritana, per noi!“ Così ha invitato ad incontrare Gesù “personalmente, parlando con lui e” riconoscendolo “come il nostro Salvatore”. Occorre cogliere la Quaresima come “l’occasione buona per avvicinarci a Lui, incontrarlo nella preghiera in un dialogo cuore a cuore, parlare con Lui, ascoltare Lui; è l’occasione buona per vedere il suo volto anche nel volto di un fratello o di una sorella sofferente. In questo modo possiamo rinnovare in noi la grazia del Battesimo, dissetarci alla fonte della Parola di Dio e del suo Santo Spirito; e così scoprire anche la gioia di diventare artefici di riconciliazione e strumenti di pace nella vita quotidiana.”
Gian Paolo Cassano

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