La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Chi detiene potere e ricchezza li gestisca a servizio del bene comune e chi li usa come mezzo di sopraffazione e di sfruttamento abbia il coraggio di pentirsi e cambiare vita. È l’insegnamento del Papa all’udienza generale di mercoledì 24 febbraio. Dio “è più grande” dei “giochi sporchi fatti dagli essere umani” e non nega il perdono a chi glielo chiede. E’ un aspetto della misericordia divina confrontata con un dilemma dell’autorità esercitata per il bene di tutti o a vantaggio di qualche privata avidità. Ora “la ricchezza e il potere sono realtà che possono essere buone e utili al bene comune, se messe al servizio dei poveri e di tutti, con giustizia e carità. Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte”.
Il Pontefice cita l’episodio del re Acab che si appropria della vigna di Nabot: “e questa (…) è anche una storia d’oggi, dei potenti che per avere più soldi sfruttano i poveri, sfruttano la gente. È la storia della tratta delle persone, del lavoro schiavo, della povera gente che lavora in nero e con il minimo per arricchire i potenti. È la storia dei politici corrotti che vogliono più e più e più!” A questo “porta l’esercizio di un’autorità senza rispetto per la vita, senza giustizia, senza misericordia”. Ma, come Acab, “messo davanti al suo peccato, capisce, si umilia e chiede perdono”, sarebbe bello “che i potenti sfruttatori di oggi facessero lo stesso! Il Signore accetta il suo pentimento; tuttavia, un innocente è stato ucciso e la colpa commessa avrà inevitabili conseguenze. Il male compiuto infatti lascia le sue tracce dolorose e la storia degli uomini ne porta le ferite (…) La misericordia può guarire le ferite e può cambiare la storia”. Di qui l’invito a guardare a Cristo, re che ha per trono “la croce”, a “un re che non uccide, ma al contrario dà la vita”. E “nel cammino quaresimale dell’Anno della Misericordia, facciamo l’esame di coscienza e domandiamoci quanto nel nostro modo di pensare, di valutare e di agire influisce la tentazione di abusare del potere sugli altri o di approfittare dei privilegi”.
Domenica 28 febbraio, all’Angelus, ha ricordato il dramma dei profughi, invocando una risposta efficace di tutte le Nazioni, e invitando a pregare per la pace in Siria e per le vittime del ciclone che ha devastato le isole Fiji.
Commentando il Vangelo domenicale ha osservato che se “ogni giorno le cronache riportano notizie brutte: omicidi, incidenti, catastrofi….”, non dobbiamo cadere nella “mentalità superstiziosa” di attribuire a Dio la responsabilità di fatti tragici e pensare che le vittime abbiano meritato il suo castigo e chi venga risparmiato dalla disgrazia debba sentirsi a posto, come insegna Gesù. Egli piuttosto “invita a ricavare” dai fatti dolorosi “un ammonimento che riguarda tutti”, perché tutti siamo peccatori. Di qui la domanda: “che idea di Dio ci siamo fatti? Siamo proprio convinti che Dio sia così, o quella non è piuttosto una nostra proiezione, un Dio fatto ‘a nostra immagine e somiglianza’?”. Ma Gesù “ci chiama a cambiare il cuore (…) a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male e le ipocrisie (…), per imboccare decisamente la strada del Vangelo”.
Occorre stare attenti dalla “tentazione di giustificarci” e convertirci: “l’invincibile pazienza di Gesù, e la sua irriducibile preoccupazione per i peccatori, come dovrebbero provocarci all’impazienza nei confronti di noi stessi! Non è mai troppo tardi per convertirsi, mai!”
Gian Paolo Cassano

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