La parola di Papa Francesco

LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano

Evangelizzare “è la missione della Chiesa”, il motivo per cui essa esiste e lo Spirito Santo è il “motore dell’evangelizzazione”. Lo ha ricordato il Papa nell’udienza generale di mercoledì 22 maggio. Allora, per evangelizzare, “è necessario ancora una volta aprirsi all’orizzonte dello Spirito di Dio, senza avere timore di che cosa ci chieda e dove ci guidi. Affidiamoci a Lui! Lui ci renderà capaci di vivere e testimoniare la nostra fede, e illuminerà il cuore di chi incontri”.
Papa Francesco ha individuato poi “tre effetti” dovuti all’azione dello Spirito. Il primo è la “comunione”, dove Pentecoste è il rovescio di Babele e “la lingua del Vangelo è la lingua della comunione”. Così sembra che a volte “si ripeta oggi quello che è accaduto a Babele: divisioni, incapacità di comprendersi, rivalità, invidie, egoismo. Io cosa faccio con la mia vita? Faccio unità attorno a me o divido, divido, divido con le chiacchiere, le critiche, le invidie? Cosa faccio? Pensiamo a questo! Portare il Vangelo è annunciare e vivere noi per primi la riconciliazione, il perdono, la pace, l’unità, l’amore che lo Spirito Santo ci dona”.
Il secondo effetto è il “coraggio”, come quello di Pietro, che dopo la paura parla pubblicamente di Cristo “a voce alta”. Quel coraggio viene dallo Spirito Santo, dal quale “si sprigionano nuove energie di missione”: per questo non bisogna mai chiudersi “a questa azione! Viviamo con umiltà e coraggio il Vangelo! Testimoniamo la novità, la speranza, la gioia che il Signore porta nella vita. Sentiamo in noi ‘la dolce e confortante gioia di evangelizzare’. Perché evangelizzare, annunziare Gesù ci dà gioia! Invece l’egoismo ci dà amarezza, tristezza, ci porta giù! Evangelizzare ci porta su!”.
Il terzo effetto è direttamente connesso alla nuova evangelizzazione ed è chiaro: non c’è “fuoco” dello Spirito se non è invocato nella preghiera. Infatti “senza la preghiera il nostro agire diventa vuoto e il nostro annunciare non ha anima e non è animato dallo Spirito (…) Lasciamoci guidare da Lui, siamo uomini e donne di preghiera, che testimoniano con coraggio il Vangelo, diventando nel nostro mondo strumenti dell’unità e della comunione con Dio”.
Domenica 26 maggio, all’Angelus, parlando della Trinità, il Pontefice ha usato un’espressione che da qualche settimana ha fatto il giro del mondo: “il nostro Dio non è un Dio ‘spray’, è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: ‘Dio è amore’. Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi”.
E per rafforzare il concetto di un amore che non è mai volato alto sul destino dell’umanità, ma al contrario si è strettamente intrecciato con le vicende della storia di ogni epoca, Papa Francesco ha proseguito: “la Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità (…) Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d’Israele e Gesù ha camminato sempre con noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni.”
Poi ricordando la beatificazione di sabato 25 maggio di don Pino Puglisi, a Palermo nella quale il 15 settembre di 20 anni fa la mafia lo assassinò, ne ha parlato come di “un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”.
Il Papa, come già Giovanni Paolo II nel 1993 nella Valle dei Templi di Agrigento ha fatto sentire forte la sua voce contro la mafia: “io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo. Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio”.
Gian Paolo Cassano

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