La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO

a cura di Gian Paolo Cassano

La fede cristiana, considerando il mistero dell’Incarnazione, viene ad essere rafforzata”. Lo ha ricordato Benedetto XVI, continuando nell’udienza generale di mercoledì 23 giugno la catechesi sulla teologia di San Tommaso d’Aquino la cui Summa Theologiae, è “l’applicazione dell’intelligenza umana ai misteri della fede procede con chiarezza e profondità”.

L’Aquinate “parte dal fatto che ci sono tre diversi modi dell’esistenza di Dio”: infatti “Dio esiste in se stesso, è il principio e la fine di tutte le cose, per cui tutte le creature procedono e dipendono da Lui; poi Dio è presente attraverso la sua Grazia nella vita e nell’attività del cristiano, dei Santi; infine, Dio è presente in modo del tutto speciale nella Persona di Cristo unito qui realmente con l’uomo Gesù, e operante nei Sacramenti, che scaturiscono dalla sua opera redentrice.”

S. Tommaso ebbe per l’Eucaristia “una grandissima devozione, al punto che, secondo gli antichi biografi, era solito accostare il suo capo al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù”.

Di qui l’invito del Papa: “partecipiamo alla Santa Messa con raccoglimento, per ottenerne i frutti spirituali, nutriamoci del Corpo e del Sangue del Signore, per essere incessantemente alimentati dalla Grazia divina! Intratteniamoci volentieri e frequentemente, a tu per tu, in compagnia del Santissimo Sacramento!”

Il Pontefice si è poi soffermato sul valore della fede per cui l’anima si unisce a Dio e si produce come un germoglio di vita eterna; la vita riceve un orientamento sicuro, e noi superiamo agevolmente le tentazioni”. 

La fede non è stoltezza, perché “non cade sotto l’esperienza dei sensi”; infatti “l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto”.

Per questo è ragionevole “prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli: essi erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della Crocifissione del loro Maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all’ascolto della loro predicazione”.

All’Angelus domenica 27 giugno (ricordando la beatificazione in Libano di Estephan Nehmé) il S. Padre ha spiegato come rispondere alla chiamata di Cristo significhi mettersi alla sequela di Gesù sulle orme del Vangelo: “chi ha la fortuna di conoscere un giovane o una ragazza che lascia la famiglia di origine, gli studi o il lavoro per consacrarsi a Dio – ha affermato il Papa – sa bene di che cosa si tratta, perché ha davanti un esempio vivente di risposta radicale alla vocazione divina”.

Ha esortato quindi a contemplare il “mistero del Cuore divino – umano del Signore Gesù, per attingere alla fonte stessa dell’Amore di Dio”: “chi fissa lo sguardo su quel Cuore trafitto e sempre aperto per amore nostro, sente la verità di questa invocazione: ‘Sei tu, Signore, l’unico mio bene’, ed è pronto a lasciare tutto per seguire il Signore.”

Gian Paolo Cassano

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