La Parola di Papa Benedetto

LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano

E’ stata segnata dal ricordo del viaggio apostolico in Messico e Cuba (ed ai misteri del Triduo Pasquale) l’udienza generale del mercoledì santo 4 aprile.
In Messico il Pontefice ha “colto la tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili delle violenze, che non ho mancato di deplorare e alle cui vittime ho rivolto un accorato pensiero, potendone confortare personalmente alcune”. Di qui l’incoraggiamento a “far crescere la gioia di essere cristiani e la gioia di appartenere alla sua Chiesa. Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni difficili e di sofferenza.”
A Cuba Benedetto XVI ha chiesto la tutela della libertà religiosa, ricordando “che Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno si apre alla verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà, e decide di seminare attorno a sé riconciliazione e fraternità, fondando la propria vita su Gesù Cristo.”
Riflettendo poi sul Triduo pasquale ha invitato a guardare a Gesù che “oltre-passa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna (…) Ognuno di noi è stato amato da Gesù ‘fino alla fine’, cioè fino al dono totale di Sé sulla croce, quando gridò: ‘E’ compiuto!’. Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione”.
Ed una particolare unione con Cristo è quella che si realizza con coloro che sono partecipi del sacerdozio di Cristo nel ministero ordinato. “E’ richiesto un legame interiore – ha ricordato nella S. Messa Crismale del giovedì santo 5 aprile – anzi, una conformazione a Cristo, e in questo necessariamente un superamento di noi stessi, una rinuncia a quello che è solamente nostro, alla tanto sbandierata autorealizzazione. E’ richiesto che noi, che io non rivendichi la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un altro – di Cristo”.
Riferendosi poi ad un’iniziativa di alcuni sacerdoti austriaci con un appello alla disobbedienza, che “dovrebbe ignorare addirittura decisioni definitive del Magistero” come per esempio sull’ordinazione delle donne, ha ricordato che la disobbedienza neon è una via e che a Cristo “stava a cuore proprio la vera obbedienza, contro l’arbitrio dell’uomo”. (…) Non la mia, ma la tua volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità e ci indica la strada”.
I sacerdoti sono allora chiamati non ad annunciare “teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa” di cui sono servitori, facendo memoria di quella schiera di sacerdoti santi “che ci precedono ad indicarci la strada”, da Policarpo ad Agostino, da Giovanni Maria Vianney a Karol Wojtyla.
“I Santi ci indicano come funziona il rinnovamento e come possiamo metterci al suo servizio. E ci lasciano anche capire che Dio non guarda ai grandi numeri e ai successi esteriori, ma riporta le sue vittorie nell’umile segno del granello di senape”.
Nella Veglia di Pasqua (7 aprile) ha sottolineato come la fede, mostrandoci la luce di Dio, renda possibile la libertà e il progresso, mentre il buio su Dio e sui valori sono una minaccia per l’uomo ed il mondo.
“Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste in virtù della negazione. È il ‘no’”.
Nel Messaggio Urbi et Orbi, al Regina Coeli il giorno di Pasqua, Benedetto XVI, a partire dall’annuncio della Risurrezione “con il cuore in gola” di Maria Maddalena agli Apostoli, ha ribadito che chi incontra Cristo ha la vita divisa in un prima e un dopo: “è un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità”.
Il problema nasce dal cuore dell’uomo: “la speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita”.
Così nelle parole del Papa riecheggiano le sofferenze e le violenze che continuano in tante parti del mondo, come il Medio Oriente chiedendo l’impegno “per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani”, ed in specie in Siria, con un appello perché “si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione.”
Poi lo sguardo si sposta all’Africa: dal Corno d’Africa alla regione dei Grandi Laghi, dal Sudan al Mali e alla Nigeria “teatro di sanguinosi attacchi terroristici, la gioia pasquale infonda le energie necessarie per riprendere a costruire una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa dei suoi cittadini”.
Nell’augurio pasquale in 65 lingue l’invito a custodire “nel cuore l’irradiazione di pace e di gioia proveniente dalla Risurrezione di Cristo che dà forza e significato ad ogni attesa ed ogni progetto di bene.”
Gian Paolo Cassano

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